PALAZZO CHIABLESE

Alla riscoperta di un tesoro perduto

Nella squadrata architettura sabauda, impreziosita da cupole e affreschi, siamo abituati a incontrare, a spasso tra le fastose residenze, il genio del Guarini e di Juvarra, di Pelagi e di Alfieri, senza tenere troppo in conto uno stuolo di artisti certamente non minori come Moncalvo, Piffetti, e Michele Rapous, e la scelta preziosa di materiali che, insieme con i loro artigiani, hanno contribuito a una evoluzione, soprattutto degli interni, come raramente si vede presso le altre grandi corti Europee.Alla riscoperta di un tesoro

Dalla staticità non invasiva e pacatamente Savoia delle planimetrie e degli alzati, si finisce con il restare piacevolmente stupiti nel cambio di stile non appena si entra nelle stanze private, quasi violando un’intimità rivestita di ori e di arazzi, come se la praticità destinata all’osservatore esterno sia solo una facciata, rispetto alla sfarzosità riservata all’ospite.

Ospiti rigorosamente di alto rango, dai Borboni alla casa di Sassonia, mantenendo vivo quel senso ghibellino di fedeltà all’Impero che non abbandonerà Casa Savoia. C’è poi da preoccuparsi anche della linea dinastica. I Savoia, salvo un’unica eccezione, non affideranno mai i cadetti alla carriera ecclesiastica, a parte l’unica eccezione rappresentata dal Cardinale Maurizio di Savoia e della sua consorte Ludovica che dimorarono per qualche tempo a Palazzo: piuttosto ramificano la discendenza creando linee che seguono la linea salica della primogenitura, salvo poi concedere la corona a madame quali Margherita di Savoia.

Alla riscoperta di un tesoro

All’interno dei rami dinastici, Carignano, Acaja, Genova, Palazzo Chiablese rappresenta una delle residenze più improbabili del ramo Carignano. Si trova infatti inserito, in un labirintico passaggio di corridoi, all’interno di Palazzo Reale, occupandone una porzione di ala, al piano nobile, offrendo la vista di Piazza Reale da un lato, e di Piazza San Giovanni, dall’altro. In pratica riesce quasi ad unire il duomo, dove troviamo il maestoso scalone d’ingresso, con San Lorenzo, separata solo da un corridoio che percorre tutto l’ambiente, incrociando le diverse stanze ed ambienti, come si trattasse di un vero e proprio appartamento.

Da lunedì 23 maggio 2022 Palazzo Chiablese ha riaperto al pubblico con visite guidate a cura dei Volontari dell’Associazione “Amici di Palazzo Reale”.

Lo scalone e gran parte della residenza è opera di Benedetto Alfieri che nel 1753, su commissione di Carlo Emanuele III, si incaricò di riprogettare e, di fatto stravolgere, le nuove stanze per il secondogenito Benedetto Maria Maurizio, Duca del Chiablese.

Alla riscoperta di un tesoro

Il palazzo visse attraverso gli illustri ospiti che volle accogliere, abbellendosi o depauperandosi di oggetti ed arredi che alcuni introdussero, altri sottrassero. Ospitò il Governatore Camillo Borghese e sua moglie Paolina Bonaparte Borghese. Nel periodo torinese della permanenza del Principe romano con la sorella di Napoleone, Antonio Canova scolpì la celeberrima statua di venere coricata, le cui fattezze richiamano quelle di Paolina. (oggi la statua si trova presso Villa Borghese a Roma).

“Alla riscoperta di un tesoro perduto”

Il periodo peggiore fu durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale che distrussero, tra l’altro, la stanza in cui nacque la regina Margherita oltre ai preziosissimi arredi settecenteschi, risparmiano beffardamente solo il mobilio dell’Ottocento. Soffitti con intarsi lignei in foglia d’oro, arazzi, pavimenti, tappezzerie subirono la sorte del fuoco per poi consegnare al demanio i pochi resti risparmiati.

Alla riscoperta di un tesoro

L’attento restauro e le donazioni di privati hanno finalmente ridato vita alla dimora restituendole parte del suo fascino, graziosamente mantenuto dal corpo stesso degli ambienti, indipendentemente dagli arredi. Oggi ospita istituti del Ministero dei beni culturali e del turismo.

Una doverosa menzione va riservata al lavoro dell’Associazione “Amici di palazzo Reale Odv” che ne ha curato, insieme con il Touring Club italiano, il restauro e il riarredo, anche grazie a donazioni di mobili e suppellettili, da parte di Compagnia di San Paolo, e Regione Piemonte. Dopo lunghi anni di sospensione delle visite oggi il palazzo riapre i battenti dopo che nel 2021, l’Associazione vinse la procedura di assegnazione per la valorizzazione e fruizione di Palazzo Chiablese, indetta dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Città Metropolitana di Torino. Per la cronaca, i volontari dell’Associazione sono gli stessi che operano presso Villa della Regina, al castello di Agiè e al Museo Diocesano di Torino.

Alla riscoperta di un tesoro

La visita non deve tener conto dell’evidente scostamento tra il Rococò di stucchi ed intarsi e il mobilio ottocentesco, riempitivo e consapevolmente suddito ad un’esigenza di necessità didascalica ai vari ambienti.

Il cortile lascia intravedere la cupola di San Lorenzo in uno scorcio di arcate che fanno da trespolo alla pianta di glicine più antica di Torino. Si prende a sinistra per restare immobili e senza parole di fronte alla scalinata. Il marmo bianco di Pont Canavese traduce l’attenzione ai materiali nostrani che casa Savoia preferisce da sempre. Si vedano i marmi dei caminetti che attingono sovente alle cave di marmo verde di Susa. La statua di Re Carlo Felice sorveglia scale ed androne, dall’alto della massima onorificenza Savoia rappresentata dal collare della Santissima annunziata. Una gigantesca lampada a muro con le sue inziali , C, F, testimonia l’abilità artistica dei falegnami torinesi. Un grande ritratto di Carlo Felice, recante ben visibile il sacro collare, sorveglia il salone di ingresso della residenza.

Alla riscoperta di un tesoro

Nota comune a quasi tutti gli ambienti sono i fregi lignei dei soffitti, rigorosamente dorati e di manovalanza nostrana, così come i parquet, soprattutto quelli intarsiati, opera del Moncalvo; i sovvraporta affrescati dove Francesco de Mura, Gregorio Guglielmi e Vittorio Rapous la fanno da padroni: quest’ultimo soprattutto si distingue per le rappresentazioni esclusivamente floreali dei propri soggetti.

L’illuminazione è affidata a ventole lignee o lampadari pendenti in cristallo o dall’unicità di certi oggetti quali un coloratissimo lampadario in ceramica. La porcellana è protagonista in moltissime stanze, a testimonianza dell’opulenza dei proprietari. Se la formula della porcellana è oggi arcinota, 50% caolino, 25% feldspato e 25% quarzo, non lo era altrettanto all’epoca di Carlo Emanuele, tanto che le manifatture più famose, mantenendo ben stretto il riserbo, finirono con il far lievitare i prezzi del grazioso materiale, tanto da fargli guadagnare il nomignolo di “oro bianco”.

Lo stesso dicasi per l’arazzeria dove un arazzo delle dimensioni medie di una parete aveva all’incirca il medesimo costo di una nave. L’arte di intrecciare materiali diversi, tra cui fili d’oro e d’argento, fino a comporne un disegno finito procurava al possessore del manufatto la giusta fama di ricchezza. Diventa smodata quando, nell’omonima sala degli arazzi, l’arazzo di manifattura francese sovrasta la tappezzeria, già di per sé elegante, a ricoprire l’intera stanza, nella celebrazione di Artemisia. Peccato che l’arazzo in questione abbia subito tagli e riadattamenti “strategici” per consentire il corretto posizionamento e funzionamento di porte, finestre, camini.

L’opulenza si fa vezzo in certi accorgimenti e stratagemmi quali ritroviamo nel camino girevole, adatto a riscaldare gli ospiti durante il pranzo per poi girare di 180 gradi e riscaldare la sala attigua per le attività del dopopranzo. Il Moncalvo è presente anche in altri ambienti dove lavora su progetti di Pelagio Pelagi rispettando l’adagio che dove Pelagio disegnava, Moncalvo eseguiva.

Vanno obbligatoriamente menzionate le specchiere, protagoniste di numerose stanze, a ricoprire interamente le pareti e, spesso, mimetizzando gli scuri delle finestre. La tecnica a disco insieme con la piombatura le garantiscono come opere del 1700, miracolosamente scampate alle bombe. Gli arredi infine testimoniano, i pochi rimasti, il gusto per l’eleganza e per il manierismo rococò in cui finisce per sfociare il più sobrio barocco piemontese. Linee curve e dorate impreziosite da involuzioni che fanno il verso a complicati stucchi, intarsi di materiale diverso la cui tecnica di intarsio, spesso tra materiali disomogenei, a costante rischio di rottura, testimonia l’abilità di artisti puri come Pietro Piffetti.

Là dove i bombardamenti non completarono la propria opera distruttiva, furono il furto o la rimozione del mobilio a contribuire al depauperamento del palazzo. La strana consuetudine per la quale si poteva distinguere il mobilio fiso da quello mobile o occasionale fu la fonte di alcune vicende tra il triste e il ridicolo che vedono protagonisti pezzi di rarissimo pregio com’è il caso dello scrittoio del Piffetti.

Alla riscoperta di un tesoro

Considerando che non pochi arredi e suppellettili venivano introdotti dai vari e successivi ospiti della residenza, alcuni si sentirono liberi di asportare quelli non fissati. Ora il fatto che le lesene delle pareti, le specchiere e la muratura stessa dell’angolo in cui fu posizionato il famoso scrittoio presentano tagli e adattamenti proprio in funzione dell’allocazione su misura dell’oggetto, evidenziano la volontà di farne parte permanente dell’arredo di palazzo, catalogandolo tra gli oggetti inamovibili. Il ramo Genova la pensava diversamente, asportando lo scrittoio e facendone poi sparire le tracce. Oggi lo si ritrova nella sua posizione generale grazie al recupero operato dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico e Culturale di Torino, avvenuta solo nel 2018.

Oggi il palazzo si presenta restaurato nel fasto delle proprie stanze, ognuna delle quali racconta storie diverse a seconda di chi l’ha abitata, vissuta, resa vivente. Il barocco dorato non sottrae neppure un grammo dell’intimità raccolta di chi ha dormito, letto missive o romanzi, ricevuto ospiti, scritto lettere d’affari o di cuore, all’interno di quelle pareti stucchevoli e opulente, intramezzate da corridoi spaziosi ma protettivi. Arte e cultura, storia e vita si alternano in uno degli edifici patrimonio dell’UNESCO che, all’interno della serie delle dimore reali piemontesi riesce a regalare un raro compendio tra manifestazione fastosa ed intimo raccoglimento.

Alberto Busca

 

Solo visite guidate dalle ore 14,30 alle ore 17,30 su prenotazione :

palazzochiablese@amicipalazzoreale.it

oppure 344 1929643

Ingresso gratuito. Gradita offerta libera pro-restauri