L’Homo sapiens sapiens alla deriva
L’Australopiteco si rivolterebbe nella tomba. Tanto lavoro per imparare a comunicare, a trasformare i suoni in segni ed i segni in parole per poi vedere tutto vanificato e impoverito dall’uomo contemporaneo. Che figura …
Ci si chiede come mai molti, indegnamente (senza saperlo forse), denigrano il linguaggio, il diritto e la libertà di espressione, sminuiscono e scimmiottano l’uomo, pensando magari di essere nel giusto, di cavalcare la cresta dell’onda (che cosa me ne importa, sono libero di dire quello che voglio, è di moda parlare così, lo fanno tutti…).
Ma chi sono “questi tutti”? La gente comune? Chi apprezza la ricchezza interpersonale e la tutela attraverso l’accoglienza ed il rispetto dell’altro? Ho dei dubbi. Credo invece che un comportamento del genere nasconda un vuoto cognitivo (non sanno che cosa dire o come dirlo) o la necessità di raggiungere il consenso sociale o la fama, di suscitare uno scandalo. Di certo, un comportamento del genere rasenta la maleducazione ed evidenzia una vergognosa e preoccupante ignoranza comunicativa.
Non è normale credere che questo atteggiamento sia normale. Non è normale interrompere una persona mentre cerca di esporre e difendere il proprio punto di vista. Non è normale rifugiarsi nel linguaggio emotivo delle emoji, della onomatopea, dei suoni dei Primati.
Non è normale urlare durante un dibattito parlamentare, un confronto o scontro televisivo. Non è normale continuare a “banalizzare” la ricchezza e correttezza espressiva. Il linguaggio non è forse uno degli aspetti più evidenti di civiltà? Lo sapevano gli uomini primitivi, l’hanno difeso Greci e Romani e tanti pensatori che, nel corso dei secoli, hanno riconosciuto e tutelato la parola, espressione evidente e intangibile di umanità.

Ciò che sta succedendo oggi preoccupa, e non poco. Si sta perdendo di vista il concetto di convivenza civile, di reciprocità, di uguaglianza. Ha preso il sopravvento il linguaggio socio-culturale povero di chi emette suoni, ma non parla, di chi imita e ripete passivamente ciò che sente dagli altri, ma non sa o non vuole verificarne la correttezza etica, di chi insegue modelli di comportamenti grossolani e allarmanti. Molti non sanno manifestare con originalità il proprio pensiero od opinione con un’espressività comunicativa rispettosa ed adeguata alla situazione.
Chi accetta passivamente un linguaggio senza senso non ragiona per sé, e chi lo utilizza per offendere non costruisce ponti, anzi, li distrugge. Viviamo in un tempo stanco di parole, stanco perché vuoto di relazioni, stanco perché pieno di pregiudizi. Non si cerca la collaborazione, ma lo scontro; non si vuole accogliere, ma rifiutare. Rifiutare tutto ciò che possa danneggiare la propria immagine, a volte falsata, irriverente.
E il bene comune? Per molti non esiste, viene contraffatto dal proprio tornaconto, quasi annullato. Ciò che guida questo comportamento discutibile non è la giustizia o la verità, ma la convenienza, la visibilità, il sotterfugio. Allora tutto è permesso, tutto. Anche “parlare” utilizzando i versi degli animali, deridere una persona, svilire il suo pensiero o annullare la sua credibilità.
Vale la pena comportarsi come i trogloditi? Quale vantaggio si vorrebbe ottenere? Il danno sociale è davvero drammatico, forse irreparabile. Perché lo Stato è compromesso, la società civile è compromessa, l’uomo stesso è compromesso. Privare il linguaggio della sua ricchezza e correttezza espressiva vuol dire depauperare l’uomo, togliergli la possibilità di vivere civilmente e serenamente il confronto, la tolleranza, la partecipazione attiva alla vita socio-politica.
Chi dirige o chi rappresenta il cittadino dovrebbe essere rieducato all’uso della parola, perché la parola è praxis, è dialogo. Ha una forza ontologica che prolunga il tempo del pensiero e della conoscenza, aspetti questi non riconosciuti da chi sceglie la violenza verbale impertinente ed insolente. Per questo è necessario difendere il suo valore primordiale, quello cioè di facilitare il dialogo paritario. Una parola corretta, gentile ed attenta, inoltre, protegge e irrobustisce la democrazia.
Giovanni Rodari in una sua famosa filastrocca ne suggerisce il percorso: “cerchiamo insieme le parole per parlare”.
Maria Giovanna Iannizzi