Do something.

Questo il monito, l’incoraggiamento e l’ammonimento con cui Mario Draghi il 18 febbraio, in conclusione di un discorso diretto all’assemblea del Parlamento Europeo, ha ribadito la necessità di agire, di cambiare rotta, di impegnarsi diversamente e “do something” fare qualcosa.

La stesso consiglio, richiamo, sollecitazione e sprone è una delle affermazioni che continua a gravitare senza trovare approdo nei pensieri di moltissimi di noi. A quell’invito vorremmo poter dare responso, indicazione o addirittura soluzione. La realtà è che non abbiamo idea di cosa possiamo veramente fare, come farlo, con quali strumenti, sicuri poi di non cadere nella terribile eterogenesi dei fini, di volere una cosa e ottenerne il suo contrario.

Mario Draghi

Vorremmo sapere se ci siamo, se abbiamo ancora forza come cittadini, se conserviamo il potere di modificare l’esistente con la stessa energia con cui Patti Smith cantava People have the power, dove sperare nella speranza porta a redimere l’opera dei pazzi fino alla mitezza, alla pioggia alla grazia.

Patti Smith

Cosa dovremmo fare allora?

Da dove dovremmo ri-cominciare ? Dalla politica, certo, dall’associazionismo, dal rifiuto di una solitudine intimidita e impotente. Eppure anche la politica, mai come oggi viene piegata dalla forza dirompente dell’economia, da un tipo di tecnologia che convoglia, divide, aizza e instupidisce. Disincarna e fomenta, illude e regola, disinibisce e offende allestendo un teatro di pericolosa verosimiglianza in cui è facile per chiunque divenire pedina e preda insieme.

L’arrivo, o meglio lo squarcio, prodotto nella società dall’intelligenza artificiale, questa macchina insapiens intrisa di un illuminismo oscuro, forse non ci sta davvero venendo in aiuto. La sensazione è che stia assumendo il ruolo di sacerdotessa incarnato nella Grecia antica dalla Pizia. Novello onfalo, l’AI è l’attuale ombelico del mondo, il nume oracolare di una Delfi mondiale a cui rivolgersi per avere un responso, una divinazione e sapere finalmente cosa fare.

Inducendo ad una totale e forse ambita de-responsabilizzazione sugli atti, sulle decisioni, potrebbe divenire la fonte a cui attingere informazioni per poi agire. Possiede tutti i crismi di un ritorno al passato, il desiderio dell’oracolo salvifico, il dovere dell’azione sul presente desunto e offerto da un segno pseudo divino scritto da una macchina il cui cuore e la mente risiede nel cloud celeste: inaccessibile e indecifrabile come gnosi di una nuova religione.

Ovviamente è solo una suggestione, pericolosa e bizzarra quanto si vuole, ma, a ripercorrere la storia risulta difficile non imbattersi in situazioni analoghe. Che sia il Sole, il Serpente piumato, Zeus, Atahualpa o qualche altro dio, l’uomo ha sempre cercato fuori e oltre da sé.

Il mistero contemporaneo è l’algoritmo, a lui ci inchiniamo, portiamo doni e offriamo sacrifici più di quanto spesso siamo consapevoli. Eppure l’algoritmo non ci dirà “cosa fare” per uscire dalla terribile situazione attuale, fatta di guerre con le armi e con le armi della finanza a cui soccombono bambini, donne e uomini come noi, fatti della stessa sostanza ma posti a qualche meridiano più in là.

Dovremo inventare una soluzione presto, possibilmente insieme, che funzioni, che dia risultato certo, che disinneschi il fuoco armato della follia umana.

Abbiamo un esempio virtuoso a cui guardare. L’Europa. Un continente piccolo e instabile che con un miracolo di buon senso ha prodotto con mille storture un lungo e prospero periodo di pace. Forse è proprio lì il punto da cui ripartire, il nostro oracolo laico e terreno da ascoltare di nuovo, per tentare qualcosa che ci renda protagonisti del presente.