Come una crosta che si rompe, un portone che si spalanca, un argine scavalcato con agilità, la società, le persone sono uscite a ripopolare piazze e città. Lunghi cortei, età diverse e voci, esperienze, desideri, diversi ma a loro modo coerenti; studenti e pensionati, lavoratori e disoccupati, urlanti o silenziosi, gioiosi o tristi finalmente, improvvisamente, decisi a camminare sotto il sole per dimostrare, forse più a se stessi, che alla politica che si esiste, si è vivi e la storia la si fa, con pazienza e presenza. Lontani dai media ma più di tutto dalla politica politicante.
Quella politica che sperava per forza di ignavia di scavallare il presente, il dolore, le lacrime, l’odio bestiale, la brutalità, lo scempio, il fine di ogni decenza, la ributtante presunzione di impunità di un esercito che affama e uccidi civili inermi.
Le fragili barchette, così all’azzardo, donchisciottescamente coraggiose lanciate contro l’ingiustizia, hanno reso palese quanto la maggior parte di noi sa di navigare su un guscio pericolante, dove i pesi sono malamente posti e il rischio di affondare o andare alla deriva sia elevatissimo, non stupisce quindi che una reazione si sia imposta. A forza di credere di conoscere il paese e il mondo il governo ha dovuto constatate che rappresenta davvero pochi, spiega perché abbiano rilasciato scolorite, esangui dichiarazioni. Il paese era sceso in piazza, senza interpellarli, escludendoli, evitandoli, facendo felicemente a meno dei partiti, del loro volersi intestare le cose, del loro disperato cercare di annettere tutti alla propria casa.
Hanno colpevolmente dimenticato che è la gente comune, con le sue scelte a determinare il corso degli eventi.
Per capirlo occorreva la sensibilità di un poeta, infatti Francesco De Gregori già nel 1985, scrisse una meravigliosa canzone, ispirata, con un tocco tra il poetico e il profetico: “La storia siamo noi”.
La storia siamo noi,
nessuno si senta offeso,
siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo.
La storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
La storia siamo noi, siamo noi queste onde nel mare,
questo rumore che rompe il silenzio,
questo silenzio così duro da masticare.
E poi ti dicono “Tutti sono uguali,
tutti rubano alla stessa maniera”.
Ma è solo un modo per convincerti
a restare chiuso dentro casa quando viene la sera.
Però la storia non si ferma davvero davanti a un portone,
la storia entra dentro le stanze, le brucia,
la storia dà torto e dà ragione.
La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.
E poi la gente, (perché è la gente che fa la storia)
quando si tratta di scegliere e di andare,
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti,
che sanno benissimo cosa fare.
Quelli che hanno letto milioni di libri
e quelli che non sanno nemmeno parlare,
ed è per questo che la storia dà i brividi,
perché nessuno la può fermare.
La storia siamo noi, siamo noi padri e figli,
siamo noi, bella ciao, che partiamo.
La storia non ha nascondigli,
la storia non passa la mano.
La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.

