Un bottone e un’asola. Apparentemente solo particolari. Ma ad uno sguardo attento non può sfuggire che si tratta piuttosto di preziose testimonianze della maestria degli artigiani italiani, così come declinata in tutto il comparto della sartoria nazionale, ed in particolare nell’ambito dell’eleganza maschile. Dettagli che fanno la differenza, tanto più importanti perché frutto della combinazione tra italico estro naturale e antica sapienza tramandata da generazioni, affinati dalla ricerca tecnologica e, in determinati casi, anche dalla insolita collaborazione con l’industria.
Se ne è parlato mercoledì 25, ospite tra gli altri il maestro della sartoria maschile e “Forbice d’oro” Michele Mescia, presso il Circolo dei Lettori di Torino, nel quinto incontro organizzato dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa, capitanata in Piemonte dal segretario Filippo Provenzano, nell’ambito del Progetto “I Love IT”. «I Love It – spiega il Responsabile della Comunicazione CNA e di Federmoda Vitaliano Alessio Stefanoni, moderatore di tutti gli incontri- nasce come format per la promozione della manifattura italiana indipendente nei settori food, fashion e home, per sfatare alcuni luoghi comuni sul settore e agevolare l’operato delle piccole imprese sia sul mercato italiano che internazionale, con l’accordo di enti ed istituzioni, riconoscendone il ruolo di protagoniste dell’economia ed esaltandone quello di ambasciatrici del made in Italy reale e di qualità nel mondo».
Ottimo il riscontro del portale omonimo, che in questi giorni pubblicizza la disponibilità della manifattura italiana ad accogliere i turisti che, in occasione dell’Ostensione della Sindone, tra il 19 aprile e il 24 giugno, vorranno unire alla fede e alla visita della città la scoperta dei sapori e delle tradizioni del territorio. La CNA spera infatti di replicare il successo della mostra-evento che, sempre sotto l’egida di “I Love IT”, che è anche marchio registrato, tra dicembre e gennaio scorso ha attirato oltre novemila visitatori nella sala mostre della Regione Piemonte nella centralissima Piazza Castello, alla ricerca di prodotti artigianali, su misura o a km zero. La tutela legale contro imitazioni e contraffazioni del design, applicato ai più svariati complementi d’arredo, dalle stoffe al vetro, alle stufe o ai bracciali, è stata, grazie alla consulenza dell’avvocato Simona Calò dello studio Regip, il filo conduttore di tutti gli incontri svoltisi nell’arco di sei mesi, tra ottobre e marzo.
Gli appuntamenti hanno visto ospiti alcuni “Premi Oscar” del design, come la ditta “La Castellamonte”, che realizza stufe di design, o casi-scuola come quello degli inventori del braccialetto “Speedometer Official”, splendido esempio di meccanica di precisione applicata al design, che hanno vinto la battaglia legale per la propria ghiera contro il colosso Rolex.
«È indispensabile –spiega l’avvocato Calò- sensibilizzare imprenditori artigiani e designers sull’importanza di tutelare la creatività e la proprietà intellettuale dei manufatti che vedono la luce nei loro laboratori, spesso trascurata. Ciò si rende necessario per proteggere concretamente il made in Italy e non vanificare gli investimenti per la ricerca di ciò che rende i manufatti italiani prodotti unici, rispetto ai quali la tentazione all’imitazione è senza dubbio forte da parte di concorrenti stranieri. Peraltro –aggiunge- la normativa Europea, sebbene perfettibile, offre già interessanti presupposti per evitare di far cadere in pubblico dominio oggetti che hanno caratteristiche di novità, per giunta a costi accessibili».
Perfino un marchio tattile può godere di tutela. È quanto emerso nel corso del dibattito di mercoledì scorso, che ha rivelato i retroscena sulla storia del bottone, nato nientemeno che come gioiello privo di asola, che si tramandava agli eredi per via testamentaria, utilizzato poi massivamente sulle giacche dei soldati inglesi per l’idea della regina Elisabetta I di far togliere loro il vizio di pulirsi naso e bocca sulla manica.
Per secoli, l’Italia è stato un Paese vocato alla produzione di bottoni in materiali nobili, dalla madreperla, all’avorio, al legno, fino al seme di palmone, con la sua “Button Valley” situata tra Bergamo e Brescia. Oggi quella tradizione viene proseguita dal bottonificio Bonfanti, fornitore delle principali maison di moda nazionali e internazionali. «I bottoni -hanno concordato Mario Bonfanti e Michele Mescia- possono essere pezzi unici che cambiano l’aspetto di una giacca sartoriale, così come un’asola lucida, cioè con un rovescio lavorato in modo del tutto particolare, dettagli apprezzatissimi soprattutto all’estero e inimitabili dagli stranieri, Cinesi in testa». Dalle 50mila botteghe presenti negli anni ’50, la sartoria maschile è arrivata quasi all’estinzione. Tuttavia, si assiste ultimamente ad una controtendenza: le nuove generazioni sembrano guardare di nuovo con interesse all’abito su misura, come cifra distintiva dell’italianità, di uno stile che nessuno al mondo è in grado di replicare.
Quindi il settore può creare occupazione e i grandi maestri dell’ago e del filo si dichiarano ben disposti a insegnare i segreti del mestiere ai giovani «sebbene -avverte- Mescia- il percorso sia lungo e faticoso». Lo sa bene il suo allievo Jacopo Nesta, giovane che, dopo un percorso di studi in un settore assolutamente diverso, ha deciso di assecondare la sua passione per il taglio e cucito ed ha raccontato la sua esperienza al numeroso pubblico intervenuto.
In soccorso delle nuove leve sta per arrivare la Banca Dati Tessile, dopo anni di lavoro di raccolta e catalogazione di tessuti utilizzati in passato dalle grandi manifatture non più operative. «Si tratta -spiega la curatrice Consolata Pralormo- di un archivio fisico e telematico creato grazie a donazioni o prestiti d’uso temporanei, realizzato dall’Associazione Universo Design in collaborazione con il Politecnico di Torino, che da dicembre metterà a disposizione degli operatori oltre 40mila tessuti, che costituiscono il know how del passato a disposizione del futuro, per la possibilità di miscelare tessuti per crearne di nuovi, in virtù dei suggerimenti applicativi del software». L’archivio, con sede fisica in Via Bertola, ha peraltro dato lavoro a numerosi catalogatori e in futuro sarà mantenuto in vita attraverso gli abbonamenti dei professionisti.
Barbara Virga