Bernar Venet

Inaugurata il 15 ottobre alla galleria Persano – con una performance d’artista – la grande mostra di Bernar Venet, scultore francese di fama mondiale, le cui opere sono nelle collezioni dei più importanti musei internazionali tra cui il Moma di New York e il Centre Pompidou di Parigi, e, come opere pubbliche, nelle piazze di Auckland, Berlino, Parigi, Nizza, Seoul, Tokyo. Tra i primi artisti contemporanei ad essere stato invitato per una personale al Castello di Versailles nel 2011, verrà insignito quest’anno del Lifetime Achievement Award dall’International Sculpture Center.
A Torino l’artista torna dopo la personale del 1998 organizzata sempre dalla galleria Persano in collaborazione con il Centre Culturel Français (fondato a Torino nel 1953 e chiuso nel 2009 dopo alcuni decenni di intensa attività che hanno garantito un vitale rapporto fra la cultura francese e quella italiana; oggi il testimone è passato all’ Alliance Française) presso il quale Venet espose i Reliefs carton (pittura industriale su cartone) eseguiti agli inizi degli anni ’60 in parallelo a grandi opere e a disegni più recenti da Persano.
Per questo importante ritorno l’artista prende a prestito una frase di John Stuart Mill come titolo della mostra: “Il caos come principio sottovalutato dell’ordine”. La citazione introduce perfettamente alla fruizione del percorso espositivo e alla lettura delle opere di Bernar Venet, che è anche poeta, e che ha posto al centro della sua ricerca le riflessioni sull’entropia e sul caso applicato al fatto estetico: le Linee Indeterminate del 1979 nascono appunto da questa nuova condizione mentale. La linea, che nei diagrammi matematici sostiene la funzione di informazione, nelle grandi sculture di Venet si ribalta nella linea indeterminata: una linea “libera, dove è il caos a determinarne la disposizione”: l’artista lascia persino libertà agli operai di disporre ogni elemento del suo lavoro nel museo, senza alcuna sua direttiva o partecipazione, avendo come obiettivo “di liberare la scultura dalle costrizioni della composizione e criticare il principio utopico di un ordine ideale”.

Lo spazio ex industriale di Via Pricipessa Clotilde ben si presta a fornire il giusto contesto da Kunsthalle alla scultura monumentale che domina lo spazio senza cannibalizzarlo, ma anzi, fondendosi in esso con autorevolezza ed empatia, caratteristica di molte sue opere: Effondrement: 217.5° Arc x 11 del 2009, allestita disassata rispetto al centro dello spazio espositivo, è composta da undici elementi arcuati a 217.5 gradi in acciaio Cor-ten, e pare collassare su se stessa in un misterioso campo di forze che pone gli archi in un coerente dialogo tra ordine e disordine: una “Action Sculpture in slow motion” come vorrebbe definirla l’artista stesso.
Rappresentano una nuova tappa nella produzione dell’artista francese i Gribs, schizzi veloci, quasi fumettistici, disposti lungo le pareti della galleria, che ad uno sguardo più attento risultano essere una versione contemporanea dell’altorilievo, a metà tra la forza bidimensionale del segno grafico nero su superficie bianca e la forza propulsiva della scultura tridimensionale che emerge diagonalmente, essendo i grib in realtà ritagliati con la fiamma ossidrica su lastre di acciaio di 35 mm di spessore.
Una serie di lavori su carta del 2015 in carboncino e collage, che ripropongono con altro media ma con medesimo concetto i Grib scultorei, sono invece allestiti in una saletta raccolta della galleria.
Conclude e apre la mostra (visitabile sino al 16 gennaio 2016) un’opera che l’artista, durante la serata inaugurale, “disegnerà” su una parete dello spazio utilizzando come strumenti di lavoro degli archi d’acciaio sporchi di pittura nera, a ulteriore dimostrazione del segno come espressione scaturita dal caso a cui l’artista consegna il proprio estro creativo in una grande tensione di forze contrapposte e parimente intense.

Bernar Venet Chateau-de-Versailles 2011

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