A volte l’amore “somiglia a una guerra balcanica che cova sordamente, esplode, infuria per anni senza una soluzione di continuità, salvo splendide tregue di passione. L’amore, ce l’ha detto una volta per tutte Saffo dai capelli viola, scuote l’amante come il vento scuote la quercia sul monte”. Questo breve estratto della presentazione di Margherita Giacobino per la raccolta di poesie di Anna Segre, uscito per Interno Poesia,  conduce ad imboccare il sentiero per avventurarsi tra le parole e i versi di “La distruzione dell’amore”. Un testo fatto di ribellione antica, coraggiosa, ammantata da una pietas severa rivolta tanto verso se stessa che verso il mondo. 

Anna Segre, romana di nascita  ha una radice torinese e per far finta di scandalizzare dice di se:  medico, psicoterapeuta, scrittrice anche ebrea, in più lesbica, perfino mancina. Non avendo creduto troppo a questa calambour biografico l’abbiamo intervistata.

 

Cosa cerca di nascondere, nasconderci, mettendosi così a nudo, esposta, quasi “in attesa d’offesa” ?

Per ingannare la macchina della verità, devi dire la verità, ma non tutta. Quant’è ambigua la veritàààà. Verità quanto basta per essere credibile.

Il poeta è un fingitore.

Finge così completamente

che arriva a fingere che è dolore

il dolore che davvero sente.

Diceva Pessoa.

Ecco. Io faccio esattamente il contrario: dico la verità, sapendo che è ‘una’ verità. Anche essendo valorosa, anche non sottraendomi all’ammissione e al confronto, mio padre mi ha offesa fino alla morte. Era un’attesa ragionevole, quella che lei ha letto tra le righe.

Nei suoi versi apparentemente semplici, bilanciati e sobri, il tema d’amore è sovrano al punto che spesso, leggendo, sembra che l’oggetto d’amore sia se stessa. Possibile ?

Anche con questa domanda lei coglie qualcosa di profondamente mio: l’amore rischia di essere solo una proiezione di luce, un’idealizzazione che quasi non ha bisogno dell’oggetto per vivere e che al dunque non può che deludere in modo cocente. Negli ultimi anni questa riflessione ha cambiato il tenore delle mie relazioni e i modi della mia affettività. L’amore è una cosa sacra e io sono ancora alla ricerca di una spiritualità che mi consenta davvero l’incontro con l’altra. Per il momento prevale lo scontro.

Ritroviamo nei versi, l’importanza della conversazione tra gli amanti. Come un campo di battaglia o l’occasione per combattersi e lasciarsi vincere. E’ così?

L’intimità, anche quella metaforica della confidenza verbale, senza nemmeno il mezzo metro di manovra, è un teatro di sfida, di gioco, di guerra. Può diventare un crinale sottile quello tra irritazione e eccitazione. Ci si lascia vincere, a volte, solo per dare battaglia in un altro momento, a volte perché si è vinti. E’ liberatorio essere vinti.

Come costruisce “il trotto della punteggiatura” e i “tempi scenici” delle sue poesie. Ottenere quella sorta di velocità che spinge a leggere quasi di corsa, trattenendo il fiato per arrivare subito in fondo. 

Tolgo. C’è un’idea che si spiega in 60 parole. E deve rimanere comprensibile, mentre tolgo, tolgo, tolgo. Fino a 20, 10, 3.

Intervista ad Anna Segre.

Anna Segre

E’ ancora l’amore il soggetto privilegiato della poesia italiana? Chi legge tra i contemporanei e a chi legge le sue poesie prima di licenziarle.  

Questa domanda scotta. L’amore non è il mio soggetto privilegiato, anche se questa silloge è imperniata su questo. Non ho mai cercato i libri di poesia con la parola amore nel titolo, io come lettrice. Ho un dubbio: non so se c’è un’offerta che finisce col privilegiare i libri di poesia d’amore, che li spinge, li sponsorizza e quindi li vende di più o se c’è una richiesta vera sull’argomento.

I miei poeti contemporanei sono Mari, Cavalli, Candiani, Arminio, Gualtieri, Duffy, Spaziani, Genti, Sexton, ma sono curiosa, compro tanto, assaggio in giro, me ne nutro in modo disordinato.

Le mie poesie le leggo a Simonetta, che a volte ci ragiona su a volte mi guarda senza dire niente. Ne parliamo. Tolgo ancora qualcosa. E di solito finisce così.