Il clima ci riguarda. Un’inchiesta di GazzettaTorino

Per avere una visione più chiara possibile dell’emergenza climatica in atto, abbiamo interpellato Dario Padovan, professore associato di Sociologia all’Università di Torino, perché i suoi insegnamenti spaziano tra i corsi di Sociologia del cambiamento climatico, Sociologia dell’ambiente, Sistemi sociotecnici e ambiente e un laboratorio dedicato alla costruzione degli scenari futuri.

Il Professore ha accolto le nostre domande, restituendo una articolata riflessione arricchita da una notevole quantità di informazioni che per ampiezza abbiamo sviluppato in quattro articoli, interconnessi tra di loro, ma ciascuno con una forte identità argomentativa.

Il clima ci riguarda

Il professore Dario Padovan

La quarta domanda posta all’esperto riguarda l’efficacia e i risultati delle strategie comunicative adottate dagli attivisti di Fridays For Future.

Gli attivisti di Fridays For Future stanno comunicando nel modo giusto? Il messaggio non è indirizzato a qualcuno in particolare ma dovrebbe arrivare indistintamente perché siamo tutti coinvolti. È un messaggio che sono riusciti a costruire e a far passare nel modo corretto? Sembra quasi che sia più importante chi comunica che il contenuto da comunicare.

Non credo si tratti di un problema di comunicazione. Quasi tutti hanno capito sia la portata globale della sfida climatica sia l’orizzonte di collasso che si presenta se non si interviene. Come detto nella domanda precedente, mi sembra che le scelte che si stanno realizzando nel solco della tecno-ecologia o della modernizzazione ecologica non solo siano rivestite di ipocrisia greenwashing, ma che intendano difendere fino alla radice i privilegi e gli automatismi dell’accumulazione dei grandi attori globali dell’economia fossile.

Si tratta invece di acquisire la consapevolezza della necessità di procedere con forme organizzative e capacità di azione durature nel tempo, dotandosi di programmi, parole d’ordine, alleanze, capacità critica di leggere le politiche e gli eventi. Le concessioni o le conquiste – come si diceva una volta – del movimento vengono annullate piuttosto rapidamente se non si mettono a punto gli strumenti per difenderle.

Ciò richiede una prospettiva politica di lungo termine che spesso contrasta con l’imperativo di agire immediatamente di fronte alla catastrofe climatica. Inoltre, non è più sufficiente chiedere alle istituzioni, ai governi o alle imprese di fare qualcosa. Costoro stanno facendo molto – per esempio spendendo i miliardi di euro del PNRR con risultati nulli se non peggiorativi della situazione ecologica globale.

Con l’aumento della repressione diventa ancora più importante costruire reti di fiducia durature e strutture finanziarie indipendenti, sviluppare strategie di reclutamento a lungo termine, mantenere rapporti con alleati nei media e nella politica, radicarsi nei territori con forme comunitarie di produzione, gestione e difesa di beni comuni come l’energia, l’acqua, il cibo, la biodiversità. La riflessione collettiva sulle strategie è la necessità del momento.

Antonella Cappiello