Il clima ci riguarda. Un’inchiesta di GazzettaTorino

Per avere una visione più chiara possibile dell’emergenza climatica in atto, abbiamo interpellato Dario Padovan, professore associato di Sociologia all’Università di Torino, perché i suoi insegnamenti spaziano tra i corsi di Sociologia del cambiamento climatico, Sociologia dell’ambiente, Sistemi sociotecnici e ambiente e un laboratorio dedicato alla costruzione degli scenari futuri.

Il Professore ha accolto le nostre domande, restituendo una articolata riflessione arricchita da una notevole quantità di informazioni che per ampiezza abbiamo sviluppato in quattro articoli, interconnessi tra di loro, ma ciascuno con una forte identità argomentativa.

Il clima ci riguarda

Il Professore Dario Padovan

La seconda domanda che abbiamo rivolto all’esperto riguarda le azioni repressive da parte del governo nei confronti delle iniziative degli attivisti di Fridays For Future ed Extinction Rebellion, pur trattandosi di movimenti dichiaratamente non violenti.

Tutte le iniziative di questi movimenti vengono represse tempestivamente con l’intervento della polizia, pur essendo dichiaratamente movimenti non violenti. C’è, secondo lei, una volontà governativa di suggerire una chiave di lettura di queste organizzazioni come fossero criminali? L’idea che la minaccia non è più il comportamento sociale ma i movimenti stessi e che quindi si deve intervenire con misure di sicurezza statali.

Sicuro. L’idea è proprio quella di criminalizzare queste forme pacifiche ma eclatanti di azione che reclamano azioni “reali” non greenwashing per affrontare il riscaldamento globale. Il decreto legge proposto dal governo contro i cosiddetti «eco-vandali» va in questa direzione, prevedendo perfino il carcere (da sei mesi a tre anni) per chi imbratta i beni culturali. Il Decreto è in discussione in questi giorni al senato, ma qualcuno per fortuna si sta opponendo a tali misure liberticide. Amnesty Italia lancia l’allarme. Con queste norme è a rischio il diritto di protesta. Amnesty evidenzia le criticità del testo di legge proposto e discusso in Senato: “Queste norme hanno un chiaro effetto criminalizzante verso l’attivismo e verso coloro che compiono atti di disobbedienza civile come strumento di protesta individuale o in contesti collettivi”.

Recentemente Michel Forst, relatore speciale dell’Onu sui difensori dell’ambiente, ha ricordato che la disobbedienza civile è espressione di una protesta legittima, esprimendo profonde preoccupazioni per la criminalizzazione in atto dei difensori dell’ambiente, “Bisogna comprendere le cause per cui si decide di andare contro la legge”, ha detto durante una sua visita in Italia “mentre alle volte, i giudici si concentrano sull’azione in sé e non sulle ragioni profonde che la muovono […].

Serve una presa di posizione politica: governi, parlamenti, capi di Stato devono essere meno populisti e più coscienti di cosa propongono e come affrontano la crisi ecoclimatica. Mi aspetto che i giudici siano più coraggiosi e prendano in considerazione le cause profonde per cui le persone infrangono la legge” (Huffington Post). Queste misure non sono limitate solo al nostro paese. È in atto un’ondata di repressione dell’attivismo climatico in tutta Europa.

E potrebbe peggiorare. I più ardenti difensori della svolta autoritaria sono proprio gli autoproclamatisi “leader climatici” a capo dei governi, compreso quello della Francia macronista, che ha appena messo fuorilegge “Les Soulevements de la Terre” il più grande movimento di azione diretta ambientale del paese. O il Regno Unito di Rishi Sunak (una “superpotenza energetica pulita”), dove sono entrate in vigore nuove leggi di polizia volte a limitare le proteste ambientaliste.

Il fenomeno non è limitato ai paesi del nord ricco: si considerino i casi del Brasile o del Messico, dove anche presidenti socialdemocratici con ambizioni ecologiste stanno prendendo di mira i difensori dell’ambiente.

Come dare un senso a questa congiunzione di riscaldamento e repressione globali, specialmente nel contesto di un presunto capitalismo “verde”?

La Germania è un esempio calzante. Il governo eletto nel settembre 2021, all’indomani delle più grandi proteste climatiche del paese, è l’epitome della convergenza della classe dirigente intorno alla modernizzazione ecologica. Composto da Verdi, socialdemocratici e i neoliberisti Liberali Democratici, aveva promesso di essere il primo “governo climatico” della Germania, annunciando il suo impegno per la decarbonizzazione della base industriale del paese e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni in linea con l’accordo di Parigi. Ha poi tradito questi impegni a una velocità che nemmeno i precedenti governi di destra avevano osato. Tra i primi a cadere è stato il progetto di cancellare gli investimenti esteri tedeschi in infrastrutture per combustibili fossili, annunciato negli ultimi giorni dell’amministrazione Merkel al vertice sul clima di Glasgow del 2021. Sotto l’egida del neoeletto “cancelliere per il climaOlaf Scholz, il governo ha rapidamente fatto marcia indietro e ha invece dato nuovo impulso all’imperialismo fossile tedesco, che da allora ha continuato a versare miliardi di dollari in bombe di carbonio in tutto il mondo.

Anche gli impegni domestici iniziano a sgretolarsi. Giustificata come risposta all’invasione russa dell’Ucraina, le vecchie centrali a carbone e nucleari sono state riaccese ed è stata avviata una massiccia espansione delle infrastrutture per il gas fossile. Il governo ha anche stretto un accordo con RWE, il più grande conglomerato carbonifero della nazione, in cui si è impegnato a sostenere la produzione di questo combustibile nella più grande regione carbonifera della Germania fino al 2030 – rendendo praticamente impossibile il raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni della Germania.

Le proteste contro questo accordo si sono consolidate nell’occupazione di Lützerath, un piccolo villaggio per il quale era pianificata la distruzione al fine di permettere l’ulteriore ampliamento della miniera di lignite di RWE. Sebbene l’occupazione abbia ottenuto una significativa approvazione popolare, non si è rivelata un serio ostacolo politico per il governo ed è stata sfrattata violentemente dalla polizia. Pochi mesi dopo la battaglia di Lützerath, l’amministrazione Scholz ha annunciato che avrebbe eliminato del tutto gli obiettivi settoriali, rimuovendo un altro elemento chiave della legislazione sul clima. Ancora, qualche settimana dopo, la sostanziale inversione dei piani della coalizione di vietare l’uso di combustibili per il riscaldamento domestico ha segnato un’altra vittoria politica per la lobby del fossile. L’unico elemento politico significativo su cui tutte le parti sono state in grado di concordare è stato quello di fornire sostegno alla nuova politica migratoria dell’UE che sostanzialmente abolisce il diritto di asilo: l’apartheid climatico è ora politica ufficiale del governo.

Come altrove, la recente offensiva sui fossili è stata affiancata da un attacco frontale al movimento per la giustizia climatica. Lo stesso cancelliere Scholz ha dato la linea nel maggio 2021, quando ha paragonato gli attivisti per il clima ai nazisti. Poco dopo, una campagna mediatica di destra ha iniziato a dipingere gli attivisti per il clima come “terroristi”, con alcune testate apertamente a sostegno della violenza contro i manifestanti. Sono state ampiamente diffuse affermazioni prive di fondamento secondo cui gli attivisti potrebbero formare una “Frazione dell’Armata Verde”, un’allusione alla lotta armata dei militanti di sinistra appartenenti alla “Frazione dell’Armata Rossa” nella Germania occidentale del XX secolo. Nello stato della Baviera, la polizia ha iniziato a detenere gli attivisti senza processo, in base alle “misure preventive” previste dall’ordinamento bavarese che regola le funzioni di polizia. Le detenzioni hanno preso di mira i membri del gruppo di attivisti climatici di Letzte Generation (Ultima Generazione), che è emerso come l’attore politico più interessante nel panorama post-elettorale tedesco.

Analogamente a simili gruppi come Just Stop Oil nel Regno Unito, la forma di azione distintiva del movimento sono stati blocchi autostradali e azioni spettacolari come il lancio di purè di patate contro un dipinto di Monet. Per il resto, le richieste sono notoriamente moderate. Le due principali rivendicazioni politiche sono un limite di velocità di 100 chilometri all’ora sulle autostrade tedesche e la reintroduzione di un abbonamento ferroviario per viaggiare in tutto il paese che è già stato pilotato come misura anti-inflazione la scorsa estate (il “biglietto da 9 euro”).

Tuttavia, i magistrati bavaresi hanno annunciato a fine maggio che stavano indagando sui membri di Letzte Generation per presunta costituzione di “associazione criminale”. L’annuncio è stato accompagnato da una ben organizzata irruzione della polizia nelle abitazioni private degli attivisti di tutto il paese, e preceduta da intercettazioni apparentemente sistematiche dei suoi membri. Se la magistratura avesse successo e fosse effettivamente in grado di classificare Letzte Generation come associazione criminale, sarebbe in grado di mandare in prigione i membri sospetti fino a cinque anni, mentre coloro coinvolti nella raccolta fondi, nella donazione o nella pubblicità per il gruppo potrebbero essere incarcerati con condanne fino a due anni.

Antonella Cappiello