BUON SESSANTESIMO COMPLEANNO, R4!

Concepita come vettura esclusivamente funzionale al lavoro e al trasporto di quattro persone “da un punto A ad un punto B” (motivo per il quale è considerata la prima, vera “utilitaria” tout court), senza dover per forza essere bella (e infatti non lo era, lo disse anche Quattroruote nel marzo 1962: “rossiccia, rozza, una vettura che in mezzo alle sue simili così raffinate, sembrava ostentare qualità del tutto opposte”) con quella strana coda tranciata di netto per ospitare una 5^ porta, la Renault 4 (o più semplicemente R4) ebbe inizialmente successo solo nelle campagne e nei piccoli centri del nord della Francia, adibita, grazie al suo telaio “piatto”, alla trazione anteriore e alle sospensioni molto molleggiate, al trasporto di latte, vino, baguette e, quando serviva, anche per trainare un aratro su un piccolo campo.

Portare latte, vino, baguette

Fu poi un marketing formidabile – in grado di svecchiare e mettere in luce per la sua dinamicità e poliedricità l’intero marchio Renault, fino a quel momento considerato il più compassato e rigido di quelli d’Oltralpe – con iniziative originali e volte ad attirare varie fasce di clientela, a farla diventare un’icona globale, insieme a Fiat 500, Maggiolino e 2CV una delle poche automobili che tutti sono in grado di riconoscere da lontano.

La prima di queste iniziative è la presentazione, accanto allo spartano modello base, fin dal Salone di Parigi del novembre 1961, della versione 4L, ossia “Luxe” (Lusso) oppure, ancor più pomposamente, “Limousine”: le differenze sono pochissime (un po’ di cromature, che fanno tanto “vecchia scuola”, qua e là e un vetro in più per fiancata), il motore (un “frullino” di 747 cm³ per 26 CV, poco più di una Fiat 500 e poco meno di una 850) è lo stesso, così come i sedili “a sdraio” ma, da quel momento, per i francesi l’auto sarebbe stata sempre e solo “Quattrelle”, semplicemente perché… era l’unica acquistabile!

Dalla 4L nacque, poi, anche quella che è probabilmente la più snob ed elitaria delle operazioni pubblicitarie e di promozione di un modello: giocando sul nome, Renault riesce a convincere il celebre mensile parigino per signore Elle, a proporre alle sue lettrici, per sei mesi, alcuni modelli di 4L da guidare per 48 ore, in cambio di critiche, suggerimenti e consigli.

Le R4 destinate a questa iniziativa sono di due tipi: il modello “Haute Couture” (che per la verità nasce sulla base della versione 4Super, ancora più rifinita della 4L, con sedili imbottiti e perfino il lunotto apribile scorrevole nella portella del bagagliaio) e “Parisienne”, entrambe nere, la prima contraddistinta dalle fiancate con una verniciatura che riprende un elegante tessuto tartan rosso, la seconda, ancora più particolare, con le fiancate che replicano la “paglia di vienna”, tipo di intreccio di fibre di legno molto utilizzato nel mobilio di lusso fin dall’800, uno dei preferiti delle eleganti dimore parigine.

Portare latte, vino, baguette

Quest’ultima fu preferita e rimase in produzione – anche con un più potente motore 845 da 27 CV – fino al 1968, diventando d’un tratto, non più solo l’auto da contadini con gli zoccoli di legno, ma la compagna prediletta per lo shopping di ricche “delfine” della Parigi Bene, da stipare di buste e pacchetti di Vuitton, Dior e Balenciaga. Bel cambiamento, eh?

Nel 1968 appare la II serie del modello, con una mascherina più moderna e – vezzo che la Renault avrebbe poi usato sui suoi modelli più iconici fino agli anni ’90 – il caratteristico simbolo “a losanga”, piazzato sulla destra, elemento che dissacrò decenni di simmetria e studio armonioso di quello che sarebbe dovuto essere il design dell’auto perfetta.

Intanto, le ragazze parigine sono diventate più esigenti e hanno cominciato a rivolgersi verso altre vetture mentre la R4, secondo i vertici Renault, sarebbe ora potuta essere l’auto perfetta per i giovani e per la loro voglia di libertà e autonomia, valori tanto sbandierati nel “Maggio Francese” proprio del ’68. E avranno ragione: la R4 è di nuovo al posto giusto, nel momento giusto. Insieme alla Dyane, l’auto diventa infatti il simbolo della contestazione ma, nello stesso tempo, di emancipazione e fratellanza fra i giovani, non solo francesi che, proprio grazie alla R4, possono ritrovarsi e difendere uno stesso ideale. Ecco quindi arrivare le tante versioni speciali, colorate, estrose, vistose, con interni in tessuti multicolor e robusti (per ogni evenienza sono ora disponibili anche gli schienali reclinabili…): Safari, Jogging, Sixties, perfino in varianti cabriolet “spiaggina” come le Plein-Air, Rodeo 4/5 e Frog.

Il risultato fu che, a fine anni ’70, la R4 è una delle auto più vendute di sempre, tanto che ne viene presentata una III serie, con un frontale più moderno e, a richiesta (versione GTL), un motore più potente di 1108 cm³ da 34 CV ma sempre fedele al suo spirito originario. Sarebbe uscita di scena il 31 dicembre del 1992, non perché nessuno la volesse più ma solo perché il suo motore non può montare il catalizzatore, obbligatorio dal 1 gennaio 1993.

Che la R4 fu un fenomeno globale lo dimostrano i numeri: fu prodotta in 8 milioni 135 mila 424 esemplari, in 28 paesi nel mondo (tra i quali l’Italia, dove venne realizzata dal 1962 al 1968 presso lo stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d’Arco, in Campania) e venduta in 100.

Portare latte, vino, baguette

La R4 sarebbe comunque rimasta fedele al suo compito di trasportatrice e lavoratrice, tanto che, nella sua lunghissima carriera, sarebbe stata disponibile anche nelle versioni furgonate F4 e F6 (a passo lungo): non esiste officina, negozio di casalinghi, ferramenta, caseificio, fattoria, convento, scuola o ufficio postale che non ne abbia avuta almeno una…

Infine, la sua inarrestabilità e robustezza, è dimostrata dalle tantissime partecipazioni a rally, Safari, traversate di interi continenti, spedizioni, Raid, di velocità o di beneficienza.

Luca Marconetti