Mentre su Torino calava la settimana dell’arte contemporanea, una maratona affollava le vie cittadine come la gara di canottaggio Silver Skiff le vie fluviali, pugnalati nel buon gusto dall’amaro binomio delle baraccopoli di Cioccolatò e di Paratissima, al Circolo dei Lettori prendeva corpo un Festival nuovo di zecca.

Alloggiato tra gli stucchi di Palazzo Graneri della Roccia, apparentemente un po’ in sordina, visto il diluvio di iniziative concentrate nelle giornate d’inizio novembre, il Festival Radici, dedicato al concetto d’ identità, (coltivata, negata, ritrovata), metteva in campo il suo programma e il parterre dei suoi ospiti. Promosso dalla Fondazione Circolo dei lettori con il contributo della Regione Piemonte – Assessorato Regionale all’Emigrazione e curato dallo scrittore Giuseppe Culicchia, ha raccolto in ascolto un pubblico di 2500 persone distribuite tra i 23 appuntamenti.

Le "Radici" di un festival

Se la presenza di Bret Easton Ellis, con il romanzo Le Schegge, uscito per Einaudi e tradotto dal curatore di Radici ha fatto scintillare l’ouverture del Festival le successive giornate sono state torinesimamente sobrie malgrado la notorietà degli invitati. Emir Kusturica, Ingo Schulze, Stefania Rocca, Maria Grazia Calandrone, Enzo Bianchi, Giordano Bruno Guerri, Ilide Carmignani, Ruth Dureghello, Paolo Nori, Paolo Di Paolo, Marcello Veneziani, Farian Sabahi, Franco Cardini, Roberto Alajmo, Javier Chiabrando, Paola Agosti e i racconti dei piemontesi d’Argentina tra i quali Hernan Trossero, Alejandra Gaida e Laura Moro a rappresentare la FAPA – Federazione delle Associazioni Piemontesi d’Argentina.

Essendo da poco uscito un libro per Rizzoli dedicato a Giambattista Vico, abbiamo incontrato lo scrittore Marcello Veneziani, ospite del Festival in dialogo con Culicchia per affrontare il tema dell’identità con la domanda: “Quand’è che i concetti di identità e tradizione sono diventati, se riferiti all’Occidente, politicamente scorretti? E perché?”

Le "Radici" di un festival

Marcello Veneziani

Veneziani, una domanda giusto per iniziare la nostra conversazione. Se pensiamo un vocativo per lei, quale usiamo? Professore, scrittore, giornalista, e soprattutto lei, quando quando si definisce, dove si ritrova?

Dovrei dire scrittore, forse aggiungerei, scrittore di idee, scrittore di pensiero. Ecco, per distinguermi dagli scrittori di narrativa, per una loro specifica attività, sono piuttosto scettico nella definizione di intellettuale. Non sono professore e quindi alla fine preferisco questa.

A lei sui giornali è permesso molto? Come dire, è riuscito ad avere spazio di poter dire più cose rispetto ad altri.

Sì, anche se in un recinto ben definito. Provo ad analizzare le cose attraverso una chiave, diciamo interpretativa, con un con un raggio più grande.

Guardando al nostro paese, al di là del governo attuale, come stiamo diventando, come stiamo cambiando?

Quando devo esprimere un giudizio sul paese, sul suo percorso, l’impressione che ho è che è un paese che sta accelerando la corsa verso la sua perdita d’identità, verso la perdita, di come dire, di un una missione, di un ruolo, di un compito. Avverto un paese scontento che riesce a dissimulare la scontentezza o, a sublimarle in altre forme.

Fondamentalmente individualista, anche se attaccato ancora a un ostinato senso della realtà, che diviene ogni giorno invece duramente messo alla prova; dopodiché, non ho grande fiducia nel futuro del nostro paese. Mi affido agli imprevisti, se vogliamo usare un’espressione vichiana alla mano di Dio, quindi al ruolo della provvidenza.

Se lei oggi avesse 24, 25 anni terminato gli studi andrebbe via?

Forse andrei via, ma con l’intenzione di ritornare, cioè tenterei di avere esperienze utili, anche per mettermi alla prova, per curiosità sì. Ma per andare controtendenza avrei anche la voglia di ritornare e tentare di fare qualcosa nel nostro paese, rientrare a ragion veduta.

Il tema di un’identità a cui lei faceva riferimento prima, e specialmente per questo festival, se dovesse tracciare o consigliare un piccolo Pantheon di opere letterarie, di film, che che cosa consiglierebbe per recuperarla?

Devo ammettere che a queste domande solitamente non sono capace di rispondere.

Diciamo quello che è valso per lei, che le ha dato qualcosa che l’ha aiutata?

Succede che ogni volta che cito un libro mi sembra di essere ingiusto, con altri libri che non ho citato e quindi sono sempre preso, da questa mania di catalogarne tantissimi e poi alla fine, dovendo fare, una cernita impietosa, mi limito ai classici, alle grandi opere, cioè per me sono state fondamentali le opere di Platone, di Plotino, i classici.

E nei tempi più recenti, Vico, Nietzsche e nell’epoca contemporanea i testi di Del Noce, Pavel Florenskij. Ecco sono questi, diciamo i miei autori più cari, insieme a tantissimi altri. Anzi tentai anche di comporre un compendio in un libro imperdonabile, ma erano già 100 quei ritratti, quindi erano già tanti.

Lo avrebbe dato il Nobel a Kundera?

Credo di sì, anche se sul Nobel io ho un’idea molto scettica e disincantata. Cioè mi sono accorto che i tre quarti dei premi Nobel per la letteratura sono stati poi dimenticati, cancellati ed erano probabilmente dei minori anche in quel momento. Così come i tre quarti di grandi del 900 non hanno avuto il premio. Quindi questa mi sembra una buona ragione per dire che il Premio Nobel non seleziona veramente gli ingegni e i talenti più grandi. Nostro tempo.

Dovesse consigliare un liceo oggi a chi finisce le medie? Che cosa suggerirebbe?

Continuerei disperatamente con liceo classico. L’ultimo baluardo, ma lo dico perché sono sempre possibili, i ripensamenti lungo la strada; cioè nel senso del cambio di direzione, anche se ora vediamo che i numeri sono contro il liceo classico. In Italia si è parlato addirittura di un dimezzamento nell’arco di tre anni delle iscrizioni, un dato allarmante, terribile, però bisogna anche dire come controprova che anche coloro i quali hanno intrapreso diciamo corsi di laurea in materie scientifiche hanno sempre benedetto l’esperienza del liceo classico, perché è stata quella che ha dato la base per poter poi andare oltre. E’ difficile trovare un pentito del liceo classico nonostante tutto, e quindi questo mi sembra già un buon risultato.