Sabato 3 marzo alle ore 18 Luca Panaro, critico d’arte, dialogherà con Tiziana Bonomo di ArtPhotò, presso Il Circolo dei Lettori, sul libro da lui scritto “Un’apparizione di superfici” un invito a riflettere sulle strade della fotografia contemporanea insieme ad Eloisa d’Orsi, antropologa e fotografa.
Circolo dei Lettori
Sarà un momento prezioso ed intrigante per interrogarsi sul contemporaneo. Una ginnastica per la mente, uno sforzo per pensare al presente, immaginare il futuro senza farsi travolgere dalla nostalgia, dalla malinconia del passato. Dimenticare i riferimenti acquisiti per imparare a guardare nuovi piani, nuove prospettive. Un invito a questa riflessione ci viene proprio da Luca Panaro con il suo libro “Un’apparizione di superfici” sulla produzione di immagini della fotografia contemporanea che, apparentemente, si presenta come lo specchio di una realtà piatta, confusa sempre più sottile nei contenuti, nelle visioni, nell’ immaginazione.
Circolo dei LettoriCosa ci fanno pensare le immagini di autori che utilizzano smartphone, tablet, macchine professionali, polaroid e altro ancora. Belle tappezzerie, quadri astratti, immagini surreali di mondi inesistenti, tentativi per depistare menti sofisticate, eccessivamente intellettuali o appositamente fatte per alimentare intellettuali tenebrosi? Un’operazione complessa e rischiosa quella di Luca Panaro nel tracciare le strade della fotografia contemporanea. E lo fa con immagini evocative ed efficaci per farci ragionare sulle possibili “mutazioni iconografiche”.

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Luca Panaro

Nel libro Panaro intervista esponenti della cultura contemporanea chiedendo opinioni e punti di vista sui modi, sui concetti e su quanto comunica la fotografia attraverso i nuovi media e la nuova tecnologia. Interessante è l’affermazione di Marco Signorini sui social “dovremmo riflettere se siamo ancora in presenza della Fotografia, intesa come invenzione con caratteristiche precise, oppure se oggi stiamo utilizzando un sistema che ne simula strumentazioni e modalità mettendo in gioco un linguaggio diverso (19ago2015)”.
Oltre a Signorini vengono citati le riflessioni di altri autorevoli personaggi come Taisuke Koyama (1978) che lavora ad Amsterdam e ha già conquistato premi oltremodo rappresentativi come quello dell’Arts Council nel 2017 di Tokyo e il pensiero di Maxime Guyon “exaptation” inserito nel libro per farci riflettere se e quanto stia cambiando la fotografia. Instagram diventa per tutti uno tra i nuovi spazi in cui il continuo fluire delle immagini consente una narrazione sempre più aperta all’interpretazione del singolo, complice una nuova estetica sempre pronta a provocarci. Già nel passato alcuni grandi autori avevano anticipato, come Luigi Ghirri o Joan Fontcuberta, la pratica di avvicinarsi così tanto al soggetto fotografato da proporci una immagine non immediatamente decifrabile.

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Eloisa d’Orsi

Un metodo inizialmente nuovo per uscire dal sistema del racconto esplicito imposto dalla nostra educazione alla lettura della fotografia. Processo accellerato nel nuovo secolo per arrivare ad immagini senza prospettiva, piatte, in cui si perdono i riferimenti sociali e culturali.
La fotografia esce da ogni clichè, perde la necessità di un significato, di un racconto, di un contenuto esplicito. Con questo presupposto l’autore introduce in modo inequivocabile la necessità di interrogarsi sulla società per capire come viene interpretata dal linguaggio contemporaneo della fotografia.È Byung-Chul Han, filosofo sudcoreano- tedesco, docente di Filosofia all’Università der Künsten Berlin, sigla la nostra società proprio come “un’apparizione di superfici”, una trasparenza senza prospettiva, senza profondità, al punto da denunciarne i meccanismi che influenzano relazioni, stili di vita.
Il riferimento al pensiero filosofico di Byung- Chul Han è il momento in cui il libro merita una pausa per far scorrere la mente a quella“ trasparenza” da lui denunciata che ci lascia profughi di quella tecnologia, vittima e carnefice della nostra società contemporanea.
Il testo si interrompe per lasciare spazio ad una sequenza di immagini con inquadrature prevalentemente verticali, decontestualizzate che chiedono di essere guardate senza gli occhiali della storia e che riportano, una ad una, il pensiero dell’artista.
Per citarne alcuni…da Jessica Backhaus (Germania -1970) con “Note 04 (dalla serie Symphony of Shadows) a Giulia Flavia Baczynski (Italia- 1982), con “Carta fisica della Terra #10” a David Benjamin Sherry (Stati Uniti 1981) con “Crimson Quicksand, Nevada” a Simone Bergantini (Italia-1977) con “Addiction #11” a Giuseppe De Mattia (Italia-1980) con “Dust collector, serie Rome” a Ryoichi Fujisaki (Giappone-1975) con “Oil sea – dalla serie colored Oil” a Jessica Mallios (Stati Uniti-1976) con “Sight Lines Overview 1” a Thomas Ruff (Germania-1958) con “Substrat 16 I” a Enrico Smerilli (Italia 1978) con “#Oil” a Andrea Tesauri (Italia 1986) con “N.37” a Tyrone Williams (Regno Unito 1992) con “Untitled” a Jean-Christophe Recchia (Francia 1967) con “Untitled”.

Sorprende un’immagine di Maurice Van Es (Olanda 1984) con “The past is a strange place” che racchiude in qualche modo il notevole sforzo di Luca Panaro di avvicinarci alla superficie del contemporaneo.  Questa immagine , lascia trasparire, guarda caso, la capacità intrinseca della fotografia, come dice la stessa artista, di catturare istanti. Istanti che non torneranno più e forse questo snodo della ricerca di Maurice Van Es per cui il tempo è inafferrabile, passa nel momento in cui qualcosa è già lontano dal nostro presente, quel che è stato del nostro presente, ed è già passato… Rimarrà lo scatto di una superficie per suggellarne il legame con la nostra memoria?
Tiziana Bonomo

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