Mostra Fresu_sm
Torna dopo quasi dieci anni a teatralizzare le pareti della Galleria Grafica Manzoni l’artista Paolo Fresu. E per non suscitare confusioni o scambi di persona occorre avvisare subito che non è il noto e bravissimo trombettista e filicornista  omonimo. 
I “nostro”  Fresu è amante della musica ma il legame che lo caratterizza è il vincolo quasi ossessivo ed ad un tempo, immaginario e antistorico, intriso di figure simboliche e fiabesche, che espone negli ultimi lavori inediti in questa mostra personale dal titolo Non c’era una volta.
 
Classe 1950, Fresu, astigiano d’origine è stato studente dell’Accademia Albertina di Torino. Dedito inizialmente alla scenografia teatrale, cinematografica e televisiva, ritrova il gusto del cavalletto e della pittura utilizzando chine e pastelli, fino a giungere ad un lavoro di raffinato collages dove assembla elementi polimaterici ottenendo effetti di complessa giocosità.
 
Le opere in mostra propongono uno strano ”reame” fatto di figure simboliche, derivate dalla tradizione medievale a stretto contatto con la storia della commedia dell’arte. 
 
Torino è omaggiata con un ironico Conte Verde che nelle mani regge lo scudo Sabaudo, un Castello, una spada mentre ai suoi piedi fa capolino un cavallino a dondolo, ricordo d’infanzia ma anche delle debolezze reali del Conte divenuto noto per il vestirsi di verde e soprattutto per la fama di dongiovanni.

Il Conte Verde

 
Il folto nucleo di opere, circa 50, pur diverse tra loro sono accomunate da una presenza dominante. Infatti, a dominare è soprattutto il gusto per il teatro. Tutto nelle sue opere profuma di teatro, di palcoscenico, di quinte oscure da cui Fresu estrae, come possedesse un cilindro magico i suoi coloratissimi personaggi. Inconfondibili e caricaturali, i soggetti esposti si appropiano di una vita surreale e ludica in grado di sgranare un orizzonte improbabile e rarefattto lontano da ogni convenzione.
 
Papi, re e regine, poi generali e mercanti d’arte, il Conte Rosso  e la domatrice dei cavalli a dondolo, smascherate maschere dietro a cui si cela un mondo fatto di apparenze, scenari inscritti tra il fiabesco e il tragico nascondimento delle personalità. 
Su tutto il lavoro di Fresu incombe una nuvola di ironia infantile, il dono di vedere nudi i re e di riproporli vestiti per il teatro della vita; ammantati dal proprio ruolo, lieti e dimentichi di se, paghi della propria inconsistente aura dorata.

Il Re bianco e la Regina nera si incontrano di sera fuori dalla scacchiera.

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