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Benedetto Lupo

Considerato dalla critica internazionale uno degli interpreti più interessanti e completi della sua generazione, “pianista di eccezionale finezza… dotato di un tocco straordinariamente raffinato e uno stupendo controllo del suono” capace di unire “tecnica meticolosa e sensibilità romantica”, Benedetto Lupo ritorna all’Unione Musicale di Torino mercoledì 8 febbraio al Conservatorio Giuseppe Verdi, ore 21 con un concerto che farà la gioia degli amanti del pianoforte.
Benedetto Lupo debuttò a tredici anni con il Primo Concerto di Beethoven, imponendosi subito in numerosi concorsi internazionali, tra i quali il Cortot e il Ciudad de Jaén in Europa e il Robert Casadesus, Gina Bachauer e Van Cliburn negli Stati Uniti. Nel 1992, quando la sua intensa attività concertistica lo vedeva già impegnato nelle Americhe, in Giappone e in Europa, ha vinto a Londra il Premio Terence Judd.
In programma pagine di Schumann, Skrjabin e Rachmaninov che Lupo stesso commenta così: «Le Sonate che eseguirò hanno tutte e tre un carattere tempestoso. Le opere di Schumann, pur diverse tra loro per forma e contenuti, condividono più o meno lo stesso periodo creativo: vi si avverte la fascinazione per il Lied e, allo stesso tempo, l’esigenza di misurarsi con le forme del Classicismo. Ma il legame più forte è tra le due Sonate dei russi Skrjabin e Rachmaninov, che evidenziano all’ascolto la presenza di “rintocchi” insistenti e a volte ossessivi, oltre a una scrittura pianistica a “ondate”. E l’acceso linguaggio tardo-romantico, a volte tragico o persino allucinato, è un altro trait d’union».

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Benedetto Lupo

Sui pezzi di Schumann aleggia l’ombra di Clara: Blumenstück è una “ghirlanda” che intreccia variazioni molti originali tanto che l’autore le definì “variazioni senza tema”, un omaggio pieno di charme, da cuore a cuore, reso d’irresistibile dalla speciale abilità di Schumann di lasciar parlare il pianoforte. Le Tre romanze op. 28, su ammissione dello stesso Schumann, sono quasi un’emanazione dei pensieri di Clara, alla quale si deve anche la sostituzione del finale della Sonata op. 22 con un altro più consono per un’esecuzione in concerto. 
Pianista di formazione e concertista di carriera, Skrjabin dedicò al suo strumento dieci Sonate che riflettono compiutamente l’evoluzione da un linguaggio ancora tardoromantico a una nuova dimensione musicale segnata dalla sperimentazione sul suono e dalla congiunzione di simbolismo e spiritualità. La Sonate-fantaisie op. 19 si avverte il tormento di un artista (e di un uomo) in profonda crisi; l’anelito alla luce, così tipico della sua produzione, è qui spesso sopraffatto da un pessimismo oscuro e tragico.
La Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 36, composta da un Rachmaninov all’apice della carriera, esprime il debito dell’autore russo verso Chopin, in particolare nell’incipit e nell’atmosfera placida del Non Allegro. Più originale il finale, che con il virtuosismo dei suoi arpeggi rutilanti segna una gloriosa catarsi, un riscatto emotivo tipico dell’autore.
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