cresima-papa-francescoL’imbarazzo è palpabile. “Padre, devo battezzare mio nipote e…”. E cosa? è tentato di chiedere il parroco, Ma il finale della frase è abbastanza semplice da intuire. L’uomo quasi abbassa la voce e spiega. “Non ho mai fatto la Cresima e adesso devo mettermi in regola”. Oppure, il caso salta fuori al momento di fare le pubblicazioni per il matrimonio. La domanda del sacerdote arriva come un sasso in una vetrata: “ma siete a posto con i sacramenti?”.
E alla fine tutti i nodi arrivano al pettine e sono sempre di più gli adulti che si rivolgono alle Parrocchie per fare il corso di preparazione alla Confermazione, un rito che nell’ordine pastorale si celebra dopo la prima comunione, ma che in realtà, è strettamente legato al Battesimo.
Don Andrea Fontana è il responsabile del catecumenato della Diocesi di Torino e ha il polso della situazione: «Certamente, nella maggior parte dei casi, abbiamo una maggior parte dei casi in cui persone di una certa età chiedono il sacramento della Cresima perché vogliono sposarsi oppure desiderano fare da padrino o madrina, soprattutto per quanto riguarda i Battesimi, ma non è trascurabile invece il numero di persone che sentono la necessità di riannodare un filo, magari interrotto dopo la prima comunione. L’osservatorio della Diocesi di Torino, peraltro è anche uno di quelli che permettono di vedere come si sta trasformando la società. Pur tenendo conto che l’immigrazione sta cambiando il volto di Torino, in cui sono rappresentante oltre un centinaio di nazionalità diverse, quello che colpisce è il numero di persone che non hanno ricevuto il Battesimo, un numero crescente anche al netto dei figli di famiglie di religione non cristiana cattolica. Anche questo – spiegano alla Diocesi di Torino – è uno degli effetti di una società che non solo è più composita, ma che ha visto anche un importante calo dei Battesimi fra gli italiani, in modo particolare attorno agli anni ’70». Ed è anche per questo che aumentano in modo importante anche i Battesimi di cittadini italiani.
«Credo che sia molto importante – spiega don Andrea – accogliere e accompagnare queste persone ad un serio cammino di discernimento che gli permetta di riscoprire un orizzonte di fede. Guai se si sentissero indottrinate o pensassero che stanno semplicemente apprendendo delle nozioni, qui si tratta di cambiare mentalità». E se è vero che, come insegna la Chiesa che la Cresima è un sacramento indirizzato alla testimonianza della fede, ecco che, con tutta la gradualità e la prudenza del caso, anche questa può essere l’occasione per rivedere le priorità della propria vita.
E, per quanto sia sempre molto difficile fare stime precise, anche il primo anno di pontificato di Papa Francesco è riuscito a smuovere qualcuno che, magari pensava da anni di ricevere la Cresima e magari aveva vergogna di rivolgersi al suo parroco: «Proprio così – spiega Carlo, cresimando in una parrocchia torinese – Papa Francesco mi ha fatto capire che non è troppo tardi e che nella Chiesa c’è un posto per me», ma c’è anche ci va più per spicce: «Tocca farlo e lo facciamo, pazienza». Il corso val bene le nozze.
L’esperienza dei parroci riflette fedelmente i grandi numeri: la prima motivazione per la maggior parte delle Cresime “adulte” è di carattere pratico e, spesso, la preoccupazione è più per l’impegno del corso che per il suo senso. È per questo che più che una serie di nozioni, la Chiesa torinese punta a sensibilizzare sull’importanza del sacramento.
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«Io credo – spiega don Mauro Mergola, parroco salesiano della Chiesa dei Santi Pietro e Paolo a San Salvario- che parlare di corsi per la Cresima possa essere un poco fuorviante. Qui non si tratta di acquisire competenze, o di mettersi in regola con un fatto burocratico, quello che è davvero importante, per quanto ad una certa età sia più difficile, un concreto inserimento nella comunità», che si può realizzare nella frequenza regolare alla messa, ma non con una visione formalistica, ma sostanziale, e quando sia possibile anche con una partecipazione. Spesso, però, il quadro è quello di famiglie con gravi difficoltà, da quelle materiali legati a situazioni di disoccupazione, di marginalità. Questo, però non esclude che la Cresima comporti una necessità di fare chiarezza sul proprio vissuto, sulla propria condizione, e su come si intenda accogliere il sacramento nella vita di tutti i giorni. «Sarebbe sbagliato spiega ancora don Mauro – pensare che tutto termini con la cerimonia. La Cresima non è un punto di arrivo, alla fine del quale si può dire di avere tutte le carte in ordine».
Quella di San Salvario non è una realtà semplice: la zona risente delle contraddizioni e dei problemi che può avere un quartiere in cui arrivano le migrazioni vecchie e nuove e dove le facciate dei palazzi parlano di un passato che ha poco che vedere con l’oggi e dove alla movida dei locali, don Mauro prova a contrapporre quella della fede e di un modo diverso di stare insieme senza che il protagonista debba essere necessariamente il frastuono o l’alcol.
Decisamente più particolare la realtà che vive don Claudio Durando, anche lui salesiano visto che la sua parrocchia comprende anche il santuario di Maria Ausiliatrice che attira molti fedeli che non necessariamente fanno parte della parrocchia. «Per questo -. spiega don Claudio – siamo una realtà un po’ particolare. Molte persone vengono qui perché sanno che c’è la possibilità di confessarsi, oppure chiedono di fare qui il corso per la Cresima perché lavorano nella zona e per loro è possibile venire qui dopo il lavoro». Il vocabolario di don Claudio comincia con la parola Accoglienza. «Non è sempre facile la posizione chi viene a chiedere informazioni per essere avviato ad un percorso come quello della Cresima, per questo è necessaria una grande delicatezza e umanità».
 
Giovanni Ruotolo

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