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La scena-sceneggiata proposta dal Governo durante la lunga discussione in aula sul Jobs Act è stata a dir poco pietosa. Già nei mesi estivi, quando l’oggetto del contendere era la Riforma del Senato, la gran parte dei nostri politici ci aveva messo davanti a un portamento che al confronto i Drughi della Juve potrebbero prendere il tè con la Regina Elisabetta. Mercoledì 9 ottobre il Senato ha concesso la fiducia al Governo sulla riforma del lavoro, ormai urgente e improrogabile, ma purtroppo questa non è seguita ad atteggiamenti politici che tenessero alto l’onore, se non del tricolore (così da non sembrare eccessivamente patriottica), almeno del significato della carica ricoperta.
Sul tavolo: decisioni sul contratto di lavoro a tutele crescenti, sulla riforma della cassa integrazione, del contributo di disoccupazione, dei contratti di solidarietà, del – non citato nel Decreto di Legge – articolo 18; in piedi personaggi come Gianmarco Centinaccio del Carroccio, il senatore Cociancich del Pd e Loredana De Petris di Sel (per essere bipartisan) che hanno ritenuto che sceneggiate, lancio di libri e amatoriali incontri di box fossero all’altezza dei temi trattati. <E’ vero – ammette l’esponente della Lega a un giornalista del Fatto Quotidiano -, ho lanciato il regolamento del Senato contro il Presidente Grasso, ma non volevo fargli male; ho una buona mira e sapevo che non l’avrei colpito>. <Di norma non partecipiamo a queste tensioni – si giustifica, sempre ai microfoni del Fatto, la capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà -, ma il mio collega ha iniziato a insultare e quando dai banchi dietro ai nostri ho cominciato a sentire insulti del tipo “sono fascisti” non ci ho visto più>.
Comunque poi hanno fatto pace. Qualcuno può gentilmente spiegare a Centinaccio che il problema non è la qualità della sua mira, alla De Petris che non ci interessa chi ha iniziato a litigare, chi ha finito e chi ha alzato bandiera bianca? Il problema è che il loro modo di fare, inopportuno anche in uno stadio di calcio, è stato indegno per il ruolo per cui sono stati scelti, per il luogo in cui lavorano, per ciò che rappresentano e anche per l’età che anno. Se a scuola la presenza del bidello, che tiene a bada i ragazzi più scalmanati costretti a stare sui banchi, è importante ed educativa, al Senato sarebbe non solo ridicola ma anche fuori luogo. Qualcuno può gentilmente spiegare a Centinaccio, alla De Petris, a Cociancich e alla maggior parte dei loro colleghi in aula che hanno accompagnato la seduta con urla e schiamazzi che non stavano giocando a Monopoli (in cui effettivamente è complesso tenere i nervi saldi), ma stavano votando una tra le riforme più urgenti e delicate del nostro Paese?
Ovviamente nessuno ha la pretesa di impartire lezioni di vita a chi ha o dovrebbe avere esperienza e cultura, ma forse molti esponenti della nostra classe dirigente, privi di chi li mette in punizione dietro la lavagna dopo aver insultato la maestra, dovrebbe, almeno, fare un piccolo esame di coscienza.