Nucleo (Piergiorgio Robino)_Norma Mangione Gallery

Si continua il tour delle gallerie d’arte contemporanea torinesi con ‘l’avventura artistica’, davvero sperimentale, proposta da Norma Mangione Gallery, che presenta una mostra collettiva a cura di Gianluigi Ricuperati (con la collaborazione di Elisa Troiano), dal titolo So Much More than the Sum of its Tropes, un progetto narrativo, ispirato al famoso romanzo di fantascienza Cristalli Sognanti di Theodore Sturgeon. L’opera letteraria narra la storia di Horty, un bimbo di 8 anni che fugge dalla casa dei genitori adottivi, dopo una furiosa lite con il patrigno, che gli ha causato la perdita di tre dita della mano sinistra. Horty raggiunge un mondo straordinario: un misterioso luna park itinerante diretto da un certo Monetre, detto il Cannibale, e popolato di creature impossibili, una comunità di nani e un regno di cristalli (una forma di vita aliena dotata di grandi poteri). Essi sono in grado di duplicare e creare la vita, e sono suscettibili agli ordini mentali. Monetre da tempo esegue esperimenti mentali su di essi, cercando di forzarli a creare un intermediario, un essere dalle sembianze umane che gli permetta di distruggere l’intera umanità.
Horty si scopre possedere poteri sovraumani di rigenerazione (gli ricrescono le dita della mano), ed è in grado di assumere in pochi giorni le sembianze di qualsiasi essere umano. Nel rutilante finale, dopo varie vicissitudini, Horty sconfiggerà Monetre con il potere dei cristalli.
Così come il romanzo si rivela un inno alla diversità, alla sua ricchezza e alla sua essenzialità e mette in discussione il concetto di ruolo e identità, talvolta stravolgendo le canoniche percezioni della realtà, allo stesso modo la mostra vuole suggerire un nuovo modo di fruire dell’opera d’arte che qui si comporta come ‘luogo figurativo’. L’idea suggerita allo spettatore è di muoversi nello spazio espositivo come ci si muove in un testo narrativo, con la sospensione tipica dell’immaginazione e la partecipazione attenta e personale che caratterizza la fruizione dell’arte, di opera in opera, fino a immergersi totalmente nell’atto della lettura, “seguendo i passi di un’avventura sognante” all’interno della galleria – scrive Ricuperati.
In mostra artisti molto diversi tra loro come Antonia Carrara, Raphael Danke, Fabian Marti, Nucleo, Elisa Sighicelli e Michel E. Smith, con interventi dei designer Enzo Mari, Patricia Urquiola, Richard Wentworth e Marco Cendron. La volontà del curatore è di far dialogare attitudini e discipline diverse, una storia avvincente e opere direttamente legate alla trama del romanzo (in alcuni casi realizzate ad hoc per l’esposizione, in altri scelte in maniera accurata come corrispettivi visivi delle suggestioni mentali evocate dalla narrazione).

Dal lavoro di Raphael Danke (Ego, 2013) che dà l’avvio al racconto (riferendosi alla mano amputata di Horty) si procede con l’intervento di Patricia Urquiola  (Tappeto di Gandia Blasco e sedia di B&B), e di Enzo Mari (multiplo d’arte per George Perec, edito da Bur nel 2009 in 660 esemplari), si continua poi con il candido Extroflexed Crystal di NUCLEO, fino all’intrigante The Dreaming Jewels (2015) di Elisa Sighicelli che interviene (talvolta con incisioni e in altri casi con applicazioni) su diverse copie del romanzo in un excursus estetico e cronologico di edizioni italiane e straniere a partire dalla prima, americana, del 1950 fino alla più recente di Adelphi.

Andrew Dadson_Galleria Franco Noero

Dalla galleria Franco Noero di Via Mottalciata si può apprezzare Painting (Islands), personale dell’artista canadese Andrew Dadson, per la quarta volta a Torino. La mostra presenta lavori inediti che sottolineano la costante ricerca dell’artista intorno alle diverse possibilità dell’astrazione. Sette quadri di grande formato sono caratterizzati da una densa pittura ad olio che attraversa le tele rendendole dinamiche e vibranti tramite grumi e tessiture. Segni, forme in rilievo sono state modellate, inchiodate sulla tela e cesellate nella pittura ad olio prima che si solidifichi. L’ impasto materico del colore e la stratificazione dei dipinti apre nuove prospettive al processo pittorico verso la terza dimensione.
Alle grandi opere si affiancano una serie di lavori “re-stretched”, dalle proporzioni più contenute, in un continuo salto di scala e dimensioni. Questi lavori sono le “isole” che danno il titolo alla mostra, e consentono al pubblico di leggere e seguire, attraverso gli spazi della galleria, un gradiente di colore rosso, giallo, verde, blu, viola e argento.
La tecnica “re-stretched” é una caratteristica peculiare del lavoro di Dadson: sulla tela la pittura si raggruma sul contorno estremo dei quattro lati nel tentativo di accentuare la tensione sullo spazio perimetrale, ovvero i bordi, e sulla materialità della pittura a olio, in un continuo rimando tra primo piano e fondo. Accompagna i dipinti, in un rapporto di estrema fluidità con essi, l’installazione Sunrise/Sunset (2015) realizzata con due proiettori 16mm che proiettano in modo speculare lo stesso film su pareti opposte. Dadson ha ripreso le immagini di un tramonto ad Oahu, Hawaii in un serrato primo piano, riempiendo interamente i fotogrammi con la sfera solare infuocata. Non appena il sole scompare all’orizzonte, da un lato della proiezione, comincia nuovamente ad apparire tra le nuvole sul lato opposto, trasformando il fenomeno naturale di un’alba e di un tramonto in un suggestivo movimento visivo, circolare, continuo.
In uno spazio più raccolto della galleria, una parete di grandi dimensioni è interamente occupata da 135 fotografie che compongono l’opera installativa, in progress, Cuneiform 161295 (2013-in corso), una selezione unica di immagini scattate dall’artista in strada nell’intento di creare un archivio delle tracce lasciate sui muri dalla colla utilizzata nell’affissione di targhe e manifesti.
Le tracce di colla appaiono non appena vengono rimossi dai muri i manifesti che li tenevano attaccati a parete, lasciando segni astratti e anonimi del loro scopo ormai esauritosi. Le immagini sono state scattate sulle strade di Vancouver e di Los Angeles e suggeriscono un linguaggio nascosto e segreto di gesti, che l’artista rivela e riporta in maniera oggettiva.
Tramite mezzi espressivi differenti Dadson intende esplorare la possibilità di oltrepassare i confini dello spazio fisico e naturale nel tentativo di sovvertire la percezione più immediata e convenzionale nel guardare le cose.

Enrico Iuliano_RGB

Riccardo Costantini Contemporary ospita la doppia personale di Enrico Iuliano e Nicola Ponzio dal titolo Waves.
Le opere dei due artisti si collocano nelle tre sale della galleria creando un felice dialogo di vibrazioni di liquidi, parole, sonorità, colori, figure, che si diffondono nello spazio accogliendo lo spettatore.
Bianco HD (2015) di Iuliano connota un ambiente immacolato e silenzioso in cui vengono collocati a parete, a terra, su mensole, forme a noi note e familiari come monitor, schermi, tablet realizzati però in ferro e dipinti di bianco. Un vero e proprio ‘raggelamento degli impulsi luminosi e magnetici’ – come scrive Maria Teresa Roberto nel testo critico della mostra – che porta ad una riflessione inquieta sulla memoria e sull’archeologia del futuro.
Nella sala accanto, blocchi di parole pulsano scorrendo su uno schermo nell’intermittenza di intensità luminose, mentre su un altro monitor passano lentamente le 256 gradazioni di colore comprese tra il bianco e il nero dei pantoni industriali in un improbabile collegamento diretto (mediante chiavetta USB) con una latta di colore bianco in cui alcune gocce di nero vengono entropicamente assorbite. Si tratta di Continuum, l’installazione di Ponzio che ha inizio nella trascrizione su carta delle molteplici definizioni di bianco-nero-grigio tratte da un visionario dizionario dei colori a cui l’artista lavora da tempo.
Altrettanto interessante è, infine, il lavoro di Iuliano dal titolo RGB (2015): tre bidoni sverniciati emettono ciascuno una nota continua, differente, resa visivamente dalle intersezioni di linee e cerchi generati dalla vibrazione del liquido colorato, posto sui bidoni stessi. Lo spettatore si trova così avvolto in un’unica opera sinestetica dai curiosi esiti.
Luce Gallery di Corso San Maurizio inaugurerà, invece, la stagione espositiva il 30 settembre prossimo con la mostra dell’artista Robert Davis, Anything to Feel Weightless Again.
Elena Inchingolo / Paola Stroppiana