È il 1889, primi giorni di gennaio, Friedrich Nietzsche è a Torino e nelle lettere si firma il crocefisso. A dicembre, invece, per salutare August Strindberg, drammaturgo e scrittore svedese, si era firmato Caesar. Poco importa la firma, quello che interessa è il rapporto che aveva legato Strindberg a Nietzsche e l’impressione che fece sull’autore svedese la chiusura in manicomio del filosofo tedesco.
L’amore intellettuale di Strindberg per Nietzsche era stato il classico colpo di fulmine; lo aveva scoperto alle lezioni di Brandes e aveva come trovato per la prima volta nella sua vita una persona che la pensava come lui. C’era quell’affinità di pensiero che Strindberg cercava per sentirsi meno solo in un mondo che andava nella direzione opposta alla sua. Strindberg da anni faceva scandalo: litigava sui giornali e colpiva come un pugno allo stomaco con le sue opere, drammi teatrali in primis (Signorina Julie e Il padre per citare quelle che gli diedero fama e successo).
La notizia della follia dell’amico fu un colpo duro per lui e i risultati si celano anche in Mare aperto, appena dato alle stampe da Federico Tozzi editore in Saluzzo. Mare aperto venne terminato nel 1890 ed è un opera intrisa di titanismo e di lotta.  Questo romanzo controverso giace su di uno snodo epocale nella vita di Strindberg: è l’ultimo romanzo che scrive prima della famosa crisi, psicologica e artistica, che porta al testo culto Inferno.

Ma torniamo alla lotta, che è di due tipi: c’è quella contro il mondo che lo circonda e che non lo capisce, che lo addita a misogino e “traditore”, che ama odiarlo, cosa che per altro a lui fa parecchio comodo, e c’è la lotta artistica che lo spinge ad andare oltre il naturalismo zoliano. Bisogna andare in mare aperto e abbandonare i porti tranquilli di uno stile letterario che ha fatto il suo tempo per chi, suo malgrado, è già un passo in avanti nella storia della letteratura. Si deve approdare al romanzo psichico e all’espressionismo, e fa lo stesso se l’opera non verrà compresa.
L’assoluta attualità di Strindberg sta anche in questo suo saper vedere oltre la realtà del momento. Siamo nel 1890, nel pieno del decadentismo, À rebours è di pochi anni prima, e anche Mare aperto ne risente nella figura del protagonista, Axel Borg, uomo esile e femminile, esteta dai gusti raffinatissimi, e nelle descrizioni accurate, quasi scientifiche che ne ornano la storia.
Gli eventi scattano con l’arrivo del protagonista su di un’isola come ispettore alla pesca. È una punizione: i suoi capi lo odiano perché troppo più intelligente di loro e per questo lo vogliono lontano. Borg funge da capro espiatorio: chi non lo capisce lo teme e per questo lo vede come nemico. Lui, d’altro canto, non fa nulla per cambiare le cose. Semplicemente non gli interessa. Sono gli altri che devono venire a lui ed evolversi, imparare ad accettare il dominio della ragione sugli istinti della natura, non il contrario.
Il mondo è una lotta per la prevaricazione: la scienza contro la natura, la massa contro il diverso e la donna contro l’uomo. La vita di Borg è una sintesi di questi scontri con vittorie e sconfitte ma soprattutto con l’estrema lucidità di comprendere il dramma dell’uomo-intelletto: quello di essere una figura altra, un diverso destinato alla solitudine e alla follia per non perdere se stesso e non regredire.
La fascinazione di Mare aperto sta proprio in questo viaggio nella follia, in questo seguire il protagonista nel suo percorso, standogli a fianco, scoprendosi a tratti non troppo dissimili per poi estraniarsi, fare due passi di lato e scrutarne quelle debolezze e quelle mancanze che lo rendono un uomo bisognoso di attenzioni ed affetto, una persona che, come tutti, lotta contro il dolore della solitudine.

See your doctor if you suspect that you may have a substance l’assunzione di farmaco.