17-20 giugno 2021 Torino Spiritualità riapre con

DESIDERANTI slanci, brame, mancanze

Nelle fiabe sono quasi sempre tre: tre desideri pronti per essere esauditi, opportunità prodigiose di dare alla vita la pienezza che ancora non ha. A condizione però di fare buon uso di queste occasioni fatate…Con queste parole Armando Buonaiuto, curatore di Torino Spiritualità, introduce la XVII edizione di questa manifestazione particolarmente attesa e partecipata dai torinesi e non solo. E’ stata l’occasione per accogliere nuovamente anche ospiti di altre città e regioni. Finalmente il centro di Torino è tornato a rianimarsi e a pulsare di cultura!

Un programma ricco di incontri, qualcuno on line la maggior parte in presenza, rispettando tutte le misure per la prevenzione Covid-19. Il tema scelto abbraccia tutti, perché tutti siamo esseri desideranti, ciascuno a suo modo.

Ancor più oggi, dopo due anni di chiusure imposte dalla pandemia, sentiamo la forza del desiderio, dei desideri che ci abitano.

Beati gli insufficienti perché sapranno desiderare”: inizia così don Paolo Scquizzato, con una provocazione di sapore evangelico, volta a benedire i desideranti come pellegrini mai sazi, ricchi della loro povertà e delle loro mancanze. La sua tesi sul “desiderio infinito” trova sostanza nelle parole della letteratura: dal noto sentire di Leopardi all’aforisma di O. Wilde che indicava due tragedie nella vita “la prima, desiderare qualcosa e la seconda ottenerlo.

I desideranti di Torino Spiritualità

Per Scquizzato l’uomo di fede non arriva mai a soddisfare il desiderio: se anche fosse rappresentato da un dio, infatti, “sarebbe un dio strumentale, mentre un dio che sia davvero utile deve essere un dio inutile” al di là dei nostri desideri, e la cui stessa definizione sarebbe limitante, “una tomba.” Desideranti, quindi, perennemente inquieti, grandiosi nel tendere verso, senza mai riuscire ad abbracciare.

Una condizione scomoda e frustrante su cui si sofferma anche Paolo Crepet, invitato a “Scuotere l’anima” e ad illuminare “l’audacia del desiderare”. Il noto psichiatra si scaglia contro le comodità che annullano la capacità di desiderare: richiama ad esempio, l’oggetto di desiderio oggi più amato e ritenuto essenziale, lo smartphone, che ci rende la vita sì più comoda ma ci rende anche più curvi, obesi, ciechi.

I desideranti di Torino Spiritualità

Vito Mancuso

Le sue parole decisamente provocatorie invitano a restare umani, ovvero capaci di sguardi e relazioni empatiche, di desiderio… educati fin da piccoli a saper reagire alle frustrazioni di qualcosa che ci manca. “Desiderio come loisir– spiega Crepet – bellezza della vita, nella pienezza che ci lascia ancora affamati, secondo la bella definizione di Basaglia.” Tanti i suoi messaggi per genitori e insegnanti, chiamati ad essere “allenatori di volo” perché gli occhi di ogni persona “sono tarati all’infinito, come cacciatori di orizzonti, ma solo se desideranti e capaci di passione.”

Alcuni incontri del festival toccano i lati problematici del desiderare: ad esempio l’invidia e il narcisismo, che possono diventare derive distruttive per sé e per gli altri.

Il filosofo Silvano Petrosino fa luce sulla tristezza che si prova quando si vede in un altro, spesso qualcuno di prossimo, un bene che desideriamo, ma che non ci è possibile avere. E’ l’invidia, esemplarmente rappresentata dalla matrigna di Biancaneve, “che può portare a uccidere l’altro, se non si è capaci di accogliere il proprio limite, anche il proprio fallimento. Un percorso che si impara col tempo per non diventare vecchi antipatici che guardano bieco, incapaci di benedire chi si affaccia alla vita.”

E ancora: “Vocazione. E se sbaglio il bersaglio?” Lo scrittore Enrico Galliani e don Alberto Ravagnani coinvolgono vivacemente il pubblico con le loro esperienze di desideri e scelte di vita, invitando i giovani a confrontare le proprie aspirazioni con la realtà, “assecondando le circostanze, pronti a sperimentare, ad errare, a cadere e molto” sostiene Galliani, a cui fa da contrappunto il giovane sacerdote youtuber “l’arte del discernimento non è però aggiungere esperienze, spesso è vitale sfrondare per potersi sbilanciare in una direzione, quella in cui vale davvero la pena spendersi, disposti a dare la vita.”

La dimensione dialettica caratterizza i desideranti e più volte viene ribadito dai relatori.

Vito Mancuso trova ispirazione e sintesi nel pensiero di Spinoza “noi siamo cupiditas, desiderio, come essenza dell’uomo. Se è lasciato a briglia sciolta, il desiderio ti trasforma in bestia incontrollata, se d’altra parte è schiacciato, ti rende arido, senza vita.” Desiderio, come conatus essendi, fucina del nostro essere: un’istanza che in passato è stata molto criticata e svalutata dalla grandi tradizioni religiose, ricorda Mancuso, “perché la cupiditas porta il baricentro dell’uomo fuori di sé e fuori controllo, oggi invece il desiderio è benedetto anche dalla chiesa”.


Il teologo visualizza la condizione bella del desiderante come “una spirale che nasce nell’uomo e va oltre, tende a qualcosa di più grande, che possiamo chiamare dio, bellezza, giustizia, verità…” E conclude citando Dante, che nel canto XV dell’Inferno fa dire al suo maestro Brunetto Latini “Se tu segui tua stella non puoi fallire a glorioso porto”: il cammino dell’uomo consiste proprio in questo, chiosa Mancuso “nell’individuare e nel seguire la nostra stella, che non è quella di Betlemme, perché è dentro di noi.

Chiara Tamagno