Nell’ex Chiesa di San Francesco di Cuneo  presso l’omonimo complesso monumentale, si è inaugurata la mostra “Michele Pellegrino. Una parabola fotografica”. L’esposizione è la prima concretizzazione della donazione alla Fondazione CRC dell’intero archivio del fotografo di Chiusa Pesio, nell’ambito del progetto “Donare”.
Fondazione CRC
L’esposizione ripercorre i 50 anni di carriera del fotografo originario di Chiusa Pesio Michele Pellegrino e sarà accompagnata da “Storie” una speciale monografia sull’intera opera di Pellegrino edita da Skira con testi critici di Enzo Biffi Gentili eWalter Guadagnini.
Il titolo della mostra trae ispirazione da una riflessione di Cesare Pavese, che in una lettera del 1949, riferendosi al suo romanzo “Paesi tuoi”, afferma: “L’opera è un simbolo dove tanto i personaggi che l’ambiente sono mezzo alla narrazione di una paraboletta, che è la radice ultima della narrazione e dell’interesse: il ‘cammino dell’anima’ della mia Divina Commedia”.
Il percorso espositivo comprende 75 fotografie suddivise in 19 sezioni monotematiche e prende avvio dalla navata dell’ex Chiesa di San Francesco per terminare nelle cappelle, con un viaggio che conduce il visitatore dai ritratti dei contadini degli anni ’70 sino ai paesaggi montani dagli anni ’80 ad oggi.
Le prime sezioni, le immagini degli anni ’70, rappresentano personaggi fuori dal tempo, soggetti anacronistici, quasi dei fossili antropologici: mezzadri di pianura, montanari delle alture delle Langhe, frati e suore di clausura. A questi frati e alle suore che per propria scelta vivono al di fuori della società, Pellegrino negli anni tra il 1972 e 1980 ha dedicato la sua ricerca fotografica. Questo lavoro trova rappresentazione in mostra nella sezione specifica “Padri e sorelle” e nel “Trittico mistico”, una composizione di tre grandi foto conventuali, esposto nell’abside. Dagli anni ’80, invece, le fotografie di Pellegrino vedono via via scomparire la figura umana. I soggetti scelti dal fotografo diventano i paesaggi montuosi e, più raramente, quelli marini, i paesi e le borgate di montagna spopolati dall’emigrazione verso la pianura e la città.

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Michele Pellegrino

La mostra sull’opera di Michele Pellegrino coinvolgerà i visitatori in un viaggio attraverso la produzione del fotografo di Chiusa Pesio che in cinquant’anni di lavoro ha saputo raccontare le persone, i paesaggi e le trasformazioni delle nostre valli e delle nostre comunità. Un appuntamento culturale unico promosso all’interno del progetto Donare, un’iniziativa davvero innovativa che continua a ricevere interessanti proposte – dichiara Giandomenico Genta, presidente della Fondazione CRC – Con questa esposizione inauguriamo una serie di appuntamenti dedicati alla promozione dell’arte e della cultura che nei prossimi mesi vedrà la Fondazione lavorare in partnership con la GAM, con il Castello di Rivoli e con il Centro di Restauro di Venaria per portare in provincia di Cuneo capolavori di artisti di fama internazionale”.
Fondazione CRC
In occasione della mostra, per stimolare visitatori e appassionati di fotografia a raccontare il paesaggio della provincia di Cuneo, ispirati dall’opera di Michele Pellegrino, la Fondazione CRC lancia un challenge fotografico, a cui è possibile partecipare seguendo la pagina Instagram FondazioneCRC.
Il titolo scelto per il contest, che richiama una delle sezioni della mostra, è “Le nitide vette”: al centro ci saranno dunque le montagne cuneesi.  Regolamento, premi e modalità di partecipazione sono disponibili sul sito www.fondazionecrc.it.
Dice Michele Pellegrino del suo lavoro.
Quando iniziai a fotografare nel 1967, capii subito che l’apparecchio fotografico sarebbe stato per me uno strumento di apprendimento. La visione attraverso il mirino moltiplicava la mia ingenuità visiva e il mondo mi appariva straordinario. Ero un po’ come il turista, che osserva estasiato le vedute di maniera del cannocchiale a gettoni. Comunque sia, un passo dopo l’altro, maturò in me la consapevolezza che la fotografia mi avrebbe aiutato, non solo a vedere il mondo con occhi diversi, ma anche a capire me stesso
Pier Sorel

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