L’ultimo appuntamento alla Casa del del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino per assistere a ‘MOUN, portata dalla schiuma e dalle onde è stato sabato 20 gennaio ma l’avventura della compagnia ‘Teatro Gioco Vita’ continua e si racconta. 

Quando entriamo in sala, circondati da giovanissimi studenti delle scuole primarie, lei è già sul palco:  Deniz Azhar Azari, 35 anni,  riempie lo spazio scenico con lenti movimenti. All’inizio i bambini confabulano ancora un po’ tra loro. Poi le bocche tacciono, gli occhi si concentrano su un punto della scena e la magia ha inizio, ben prima che le luci si abbassino.
La forza evocativa dello spettacolo ha già origine dal titolo: ‘ MOUN, portata dalla schiuma e dalle onde’ , una storia tratta dal testo Moun di Rascal, con la regia di Fabrizio Montecchi per la Produzione ‘Teatro Gioco Vita’. 

Casa del del Teatro Ragazzi e Giovani

Moun

È difficile descrivere Moun perchè quello che riempie palco e platea è l’eterno incanto del teatro delle ombre dove la vita si racconta, con tutte le sue sfaccettature tanto meravigliose quanto amare, trasmettendo suoni, parole e immagini della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.
Moun prende forma proprio grazie a quella straordinaria fluidità onirica,  alla voci, al movimento, alla leggiadrìa  e alla grazia di  Deniz Azhar Azari, unica attrice in scena, supportata dalla professionalità del tecnico luci, Giovanni  Colombo. 
I genitori della piccola Moun, impietriti dalla paura per una guerra che non lascia speranze, in un atto disperato e sofferto, affidano la piccola all’Oceano.  Moun segue così il flusso delle onde  dentro una scatola di bambù e  arriva “al di là” del mare, su una spiaggia dove un’altra coppia la trova,  l’adotta e la ama. Passano così dieci anni. Anni di nuove nascite, di fratelli e sorelle, di giochi e di risate. Ma, come in tutte le storie, arriva un giorno in  cui ai sorrisi si mischiano le lacrime. È il momento in cui a Moun viene detta la verità sulle sue origini. Una verità che brucia ma che, alla fine, porta in sé il senso del crescere, dell’accettarsi e della scelta di Moun di restituire al mare e ai suoi veri genitori, in un gesto simbolico, la sua scatola di bambù, con un carico di ricordi.
Sul palco, Deniz assume le identità di Moun, dei suoi genitori e dei fratelli. A ritmo di danza, con l’eleganza delle movenze classiche e la forza della gestualità, regala a tutti distinte personalità, sulle note di  Paolo Codognola. Muovendo  la tela con tocchi leggeri e spostando le sagome, realizzate magistralmente da Nicoletta Garlioni e Federica Ferrari, restituisce allo spettatore lo specchio della magia. Per un’ora soltanto ma quanto basta per andare ‘altrove’.
Casa del del Teatro Ragazzi e Giovani
Deniz Azhar Azari, con voce calda, ci racconta il suo viaggio prima di diventare Moun:
«Sono nata a Firenze da genitori iraniani e ho studiato danza classica dall’età di sei anni e, poi, verso i diciotto mi sono avvicinata al teatro, formandomi all’Accademia dei Filodrammatici. Nel 2010 ho incontrato Teatro Gioco Vita e ho scoperto un nuovo modo di fare teatro che, come dice il nostro direttore artistico Diego Maj, vuole essere intriso di passione, libertà, fantasia e, soprattutto, luogo artistico e di incontro». Moun e Deniz sembrano attraversate dalle stesse onde di pensieri e di emozioni.
Cosa c’è di te, Deniz, nella piccola Moun? 
«Molto, se si pensa che in francese arcaico Moun vuole dire “PERSONA” e che ognuno di noi compie un viaggio verso la costruzione di sé stesso. L’idea della scatola è metaforica come la scelta delle sagome stilizzate sulla forma di felini. È una fiaba e tale vuole essere, senza voler rimandare a un’idea di realismo contemporaneo. L’acqua, il viaggio, la migrazione sono concetti che si respirano ma vengono scompaginati dal raziocinio e inseriti in un quadro’altro’ che ha il sapore della poesia».
Moun scopre di non essere una figlia ‘di pancia’ e deve elaborarlo attraverso la rabbia, la sofferenza, la nostalgia. È un viaggio anche quello, verso una nuova consapevolezza che le fa rivolgere, infine, uno sguardo di speranza verso quella schiuma da cui è giunta e quell’immenso oceano.
Il tuo sguardo, Deniz, è lo stesso di Moun nei confronti della tua terra natia?
« Il mio è lo sguardo di chi ha vissuto in Italia con tutta la propria famiglia di origine e, quindi, ha mantenuto affetti e tradizioni ma è anche lo sguardo di chi deve ancora camminare per conoscere quella parte di insoluto che è dentro di noi e che collega parti del nostro passato con il futuro. È uno sguardo che, come quello di Moun, non vuole aver paura delle proprie emozioni ma affrontarle per quelle che sono».
Almeno per una volta nella vita tutti siamo stati Moun e Moun è stata noi. Dietro, davanti e fuori dalla quinte. La forza arcaica del teatro delle ombre e il lento spegnersi dei nostri pensieri in corsa davanti alla fascinazione del palco non sono però ad opera di tutti. Grazie, quindi, a Teatro Gioco Vita  per questi sessanta minuti di pura eleganza che proseguono il loro viaggio, portando in tournè sia Moun che lo spettacolo  ‘il cielo degli orsi’ tra Italia, Francia e Spagna.
Gabriella Mancini

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