Quando si dice piatto ricco, ma davvero: la prima edizione del MonFest 2022 – le forme del tempo, una nuova biennale di fotografia dislocata nelle sedi più suggestive di Casale Monferrato, è quasi difficile da riassumere. Moltissimi i punti degni di nota: si parte con Gabriele Basilico, si arriva a Maurizio Galimberti, nel frattempo, tra una fotografia e l’altra, letteralmente, si butta un occhio alla Sinagoga, al Teatro, al Castello, a Palazzo Gozzani, che da soli meriterebbero un discorso e una visita a parte.

Benvenuto MonFest 2022.

Si diceva, si parte con uno dei più monolitici miti della fotografia italiana: Basilico, infatti, nel 2006 si trovava proprio a Casale Monferrato e dintorni, e la prima sala delle mostre allestite al Castello è stata dedicata agli scatti del Maestro, con una proiezione invece del noto lavoro su Beirut del 1991.

Proseguendo si incontra Vittore Fossati: alessandrino, discendente del Ghirri, di questo autore viene proposto un lavoro elegante e prezioso sul fiume Tanaro, fotografie in piccolo formato, scatti monocromatici con qualche viraggio soffuso, una delicata carrellata che tanto ha del Cantamessa, del cammino meditativo filtrato appena dall’occhio meccanico. Andando avanti troviamo la fotografa Valentina Vannicola con le sue immagini in posa estratte, sembra, dal neo cinema belga e forse troppo facilmente associabili ai grandi – uno per tutti citiamo Gregory Crewdson – della scuola della staged photography. E via, ancora: Claudio Sabatino, altra scoperta contemporanea che ci guida tra le rovine sovraesposte di Pompei, lui figlio di albergatori proprio della città, in un allestimento tra i più sostanziosi e felici dell’intero percorso, con immagini in grande formato ed estratte tutte – pare inverosimilmente – dallo stesso giorno, cielo, momento.

Benvenuto MonFest 2022.

Pompei

Non si esce ancora dal Castello, ma cambiando solo ala si entra nel mondo di Silvio Canini, un notevole mix contemporaneo tra Monicelli, Martin Parr e Tonino Guerra (romagnolo come Canini): l’umanità di cui sono intrise le invenzioni-costruzioni dell’artista lascia facilmente spazio, nelle fotografie quadrate di grande formato, alla sospensione congelata del mare adriatico innevato e rivelatore di visioni astratte costruite grazie a quel che dalla neve emerge e sopravvive, estratto in un metaforico equilibrio geometrico, per finire poi nelle panoramiche che ritraggono anziani e anziane al mare ripresi di spalle nei loro impietosi costumi interi. E se c’è un agente esterno che si definisce impietoso è conseguenza meccanica la pietà – ma la si chiami tenerezza – mossa in chi assiste dal di fuori al pur minimo abominio. Da Guerra: “[…] E poi commoviamoci pure/ a pensare alla fatica che hanno fatto per mille anni/ mentre eccoli lì che se ne vanno a testa bassa/dietro la corda lunga del macello.”

Benvenuto MonFest 2022.

E’ bello, vien da dire, potersi immergere e riemergere così, come a trovarsi su nuove rive di nuovi stati ogni volta che si ritira su la testa, guardando le mostre del Festival. Lo stesso sottotitolo, le forme del tempo, spiega il direttore artistico Mariateresa Cerrettelli è “un’espressione ispirata da Italo Calvino che definiva le città la forma del tempo. Ma che noi estendiamo ai paesaggi, alle realtà dei ritratti e alle creatività espresse dai fotografi che saranno qui esposti”. Un continuo fluire nella struttura e nel processo fotografico secondo generazioni, stili, autori.

Ora si scende e incontriamo Ilenio Celoria, autoctono casalese, che ci porta nelle strutture ipogee chiamate infernotti, visitate dall’autore come vere e proprie cripte sacre, e restituite con visioni panoramiche e azimutali sferiche a 360 gradi.

L’ultima tappa al Castello è la scoperta strepitosa di Francesco Negri (1841-1924), grande tecnico della fotografia nonché autore e sperimentatore. Sono esposti ritratti a doppia e tripla esposizione che anticipano e cavalcano la visione allora nascente del cinema e del movimento nello spazio e nel tempo, affiancati a ritratti “semplici” ma di una suggestione rara anche nei più noti maestri a lui posteri, composti in un’inquadratura verticale che lascia il soggetto a mezzo busto in basso con tanto respiro sulla testa (viene alla mente Guido Reni) che meriterebbe davvero uno studio a sé per chi si approccia al ritratto in fotografia.

Benvenuto MonFest 2022

Usciti dal Castello, a pochi passi, si entra nel Teatro Municipale, un gioiello. Qui è allestita la mostra dedicata al contemporaneo Raoul Iacometti, interessante forse più nell’idea che nella resa: durante il primo lungo lockdown per la pandemia ha immortalato la videochat in cui chiedeva a ballerini classici di posare per lui in un passo di danza nelle loro case, ambientando poi lo smartphone che ritraeva ogni ballerino in un angolo diverso della propria.

Benvenuto MonFest 2022.

Living Layers III.

Fuori dal Teatro si va dritti alla Sinagoga, altra sede unica annoverata tra i beni storici e culturali di Casale Monferrato. Qui la mostra ospitata è in omaggio a un altro colosso della fotografia italiana, Lisetta Carmi, e al suo Viaggio in Israele e Palestina fotografie 1962-1967. In questa mostra si vede l’Henri Cartier-Bresson italiana sulle tracce delle proprie radici ebraiche in una posizione di sincera, duplice indagine, sulla vita del popolo ebraico – a cui anche lei appartiene – e sulla funzione della fotografia per poterla conoscere.

Qualche passo ancora per andare incontro alle due ultime tappe del Festival (e allo stesso tempo del tour della città). Si arriva alla Cattedrale di Sant’Evasio per imbattersi in un altro “nomone” della fotografia italiana contemporanea, Maurizio Galimberti, qui a doversi confrontare col Cenacolo di Da Vinci. Galimberti è noto per la rielaborazione dei propri soggetti mediante le polaroid, usate per frastagliare e ripetere i dettagli del soggetto e quindi amplificarne il significato e la risonanza. Qui, infatti, prende i dettagli del capolavoro leonardesco e, tra ripetizioni e sovrapposizioni, e proprio in linea filologica con l’arte del tempo, partendo da un unico tema ne restituisce un’articolata lettura polifonica.

Ultimo passo del percorso, siamo a Palazzo Gozzani di Treville. Situato, per chiudere un cerchio, in una via immortalata da Basilico nel 2006 e che si vede esposta al Castello, ospita la collettiva sul tema del femminile degli studenti dell’I.I.S. Leardi, una videoproiezione di Daniela Berruti, Una storia d’amore, e l’esposizione del recente lavoro di Silvia Camporesi Domestica, in cui la fotografa immortala la propria vita familiare durante il lockdown.

Un intero Festival site-specific, sul territorio e per il territorio: quasi ogni sezione, autore e mostra, infatti, parte e torna sui confini o poco oltre di Casale Monferrato. Quando si dice gestire la quantità. Di nomi, luoghi e temi: lo stesso Festival pare essere stato architettato come un’opera a più voci, in cui nessuna si confonde ma partecipa a un’unità salda e in sé compiuta.

Si ha la sensazione semplice di respirare un’esperienza genuina, potendo incontrare nomi ormai consacrati della fotografia e nuove scoperte in una cornice umana e letteralmente, finalmente, percorribile a passo d’uomo.

Carola Allemandi