È quasi confortante vedere – col senno di poi – come la distruzione sprona la creatività e l’ingegno. L’Europa, anche dalle parti più o meno vincenti, uscì dalla Seconda Guerra Mondiale stravolta e a pezzi. Le città, le fabbriche, la società stessa, erano in rovina.

L'epoca delle microcar

Considerato puramente come un problema di marketing, ci fu qualcosa di perverso nella reazione europea. C’era poco da mangiare, poco lavoro, la benzina scarseggiava, come anche i soldi. Le strade erano in pessime condizioni, mancava ogni tipo di materia prima.

Così, gli industriali, specialmente in Italia e in Germania, decisero di mettersi a fare automobili…

Non come quelle americane ovviamente, quei “barconi” che portavano sulle strade del Dopoguerra negli Usa. Anche volendo, non c’era il materiale per farle. L’Europa – come anche il Giappone – si scatenò dunque in uno spettacolare quindicennio di “microcar”, automobiline minuscole, che oggi paiono più adatte ai clown del circo.

Una tra le più conosciute era italiana, la piccola “Isetta”, prodotta a Bresso, nei pressi di Milano. Aveva due ruotine davanti e due ancora più piccole dietro. Si accedeva all’abitacolo aprendo la parte frontale della vettura. Aveva il tettuccio apribile, si diceva per uscirne se qualcuno parcheggiava troppo vicino. Il disegno passò sotto licenza poi a una fabbrica tedesca di motociclette, la BMW…

L'epoca delle microcar

Isetta

Erano le aziende tedesche le più attive, specialmente quelle che fino a poco prima si erano occupate di aerei militari, un mestiere poi vietato loro dagli Alleati vittoriosi. Sia la Messerschmitt (caccia) sia la Heinkel (bombardieri) si lanciarono sulle mini-automobili. La vettura che appare sopra è una Heinkel “Kabine” 153, fabbricata dalla Heinkel Flugzeugwerke tra il 1956 e il 1958 e da altri, sotto licenza, fino ai primi anni Sessanta.

Come per la Isetta, si entrava da davanti. Aveva solo tre ruote e, come l’italiana, il tettuccio come uscita d’emergenza – ma a differenza di quest’ultima, aveva anche la retromarcia. Pesava 250 kg, il motore era da 174 cc, poco perfino per una motocicletta. Si giurava che, su una strada sufficientemente pianeggiante, potesse toccare gli 87 km/h…

Ma faceva 100 km con meno di 4 litri ed era bellissima.

Courtesy James Hansen

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