Dalle nostre inviate a Venezia.

Sono 15 gli artisti italiani selezionati quest’anno ad esporre al Padiglione Italia nell’ambito della 56° Biennale d’Arte di Venezia: Alis/Filliol, Andrea Aquilanti, Francesco Barocco, Vanessa Beecroft, Antonio Biasiucci, Giuseppe Caccavale, Paolo Gioli, Jannis Kounellis, Nino Longobardi, Marzia Migliora, Luca Monterastelli, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Nicola Samorì, Aldo Tambellini.
Codice Italia , il titolo del progetto espositivo che li include, è a cura di Vincenzo Trione, secondo il quale “la mostra vuole riattraversare significative regioni dell’arte italiana di oggi, facendo affiorare alcune costanti: assonanze poco manifeste, corrispondenze inattese. Come ripercorre rilevanti esperienze poetiche contemporanee, con l’intento di delineare i contorni di quello che, al di là di tante oscillazioni, rimane il fondamento del nostro “codice genetico” stilistico”.
Ci sono protagonisti dell’Arte Povera e della Transavanguardia (Kounellis, Paladino, Longobardi), grandi isolati (Parmiggiani e Gioli), eredi delle neoavanguardie del dopoguerra (Tambellini), personalità difficili da collocare in tendenze artistiche precise (Biasiucci, Caccavale, Aquilanti), voci tra le più originali dello scenario internazionale (Beecroft) e artisti dell’ultima generazione (Alis/Filliol, Barocco, Migliora, Monterastelli e Samorì).
Gli artisti sono accomunati nel pensare le proprie opere come luogo all’interno del quale si ritrovano a convivere desiderio di innovazione dei linguaggi e vis dialettica verso i momenti salienti della storia dell’arte. Questa idea viene declinata attraverso tecniche espressive differenti: pittura, scultura, disegno, fotografia, video, performance, cinema.
E’ stato inoltre richiesto di realizzare inedite opere-simbolo, che abbiano il valore di manifesti poetici, e, parallelamente, di accompagnare i propri lavori con la creazione di inattesi Archivi della Memoria, ispirati al modello di Mnemosyne ovvero dell’Atlante ordinato dallo storico dell’arte tedesco Aby Warburg alla fine degli Anni  Venti. Installazioni nelle quali ciascun autore ha raccolto frammenti  eterogenei  a confronto con la Storia dell’Arte e con la propria esperienza personale.
In Codice Italia sono presenti tre artisti piemontesi, torinesi d’adozione, Alis/Filliol (Andrea Respino, Mondovì, 1976 e Davide Gennarino, Pinerolo, 1979), Francesco Barocco (Susa, 1972) e Marzia Migliora (Alessandria, 1972), intervistati in esclusiva per Gazzetta Torino.
Agli artisti sono state poste tre domande che chiariscano la genesi della loro opera scelta per la Biennale, come e se questa esperienza abbia influenzato la loro ricerca e infine è stato chiesto di indicare tre opere di altri artisti a loro avviso particolarmente interessanti, in modo da restituirci un loro personale punto di vista su questa edizione della Biennale, preziosa e inattesa prospettiva da parte di chi vive questa esperienza da protagonista condividendo il palcoscenico con artisti provenienti da tutti i continenti, e allo stesso tempo da spettatore, con una capacità di giudizio più visceralmente autentica e immediata.
Qual è stata l’idea iniziale che ha dato avvio all’opera presentata al Padiglione Italia?
Alis/Filliol:  
Per l’opera presentata al Padiglione Italia abbiamo proseguito il nostro percorso avviato da qualche anno sulla scultura monumentale, interrogandoci, questa volta, sulla possibilità di generare una forma che aprisse ad un immaginario fantascientifico e archeologico e nel contempo parlasse in qualche modo di architettura smembrata, frammento di un futuro possibile.
Francesco Barocco:
L’idea iniziale è stata quella di realizzare delle operre che portassero avanti dei temi cardine della mia ricerca come l’idea di “testa”, il rapporto tra scultura e disegno, l’interesse per forme archetipiche.
In una seconda fase il progetto si è fatto più specifico, introducendo elementi di novità rispetto ad altre sculture che avevo realizzato in passato e, soprattutto, relazionandosi il più possibile con lo spazio che lo avrebbe contenuto.
Marzia Migliora:
Il progetto prende avvio da alcune fotografie in bianco e nero che ho scattato circa vent’anni fa nella cascina in cui mio padre viveva da bambino. In una delle stanze della casa avevo trovato un’installazione involontaria, opera dei contadini che ci vivevano: un armadio con le ante specchianti e una distesa di pannocchie che impegnavano tutto il pavimento.
Per Codice Italia questa scena è diventata nuovamente reale, dopo essere passata dal filtro fotografico e mnemonico, è stata ricostruita in forma installativa.
L’intento era di ricreare uno spaccato di vita autentico, un pezzo di storia minore, capace di evocare le nostre origini. Stilleven nasce da una memoria famigliare per ritrarre l’Italia agricola, la sua terra, il suo autosostentamento e sfruttamento.
Il mais è simbolo della radice contadina del nostro Paese, con l’agricoltura che, fino agli anni del boom economico, era la più importante fonte di reddito delle famiglie italiane, ma anche dell’abbandono dei campi a favore delle città (e delle industrie come luogo di lavoro), della scelta di un approccio industriale anche in campagna (monoculture più redditizie rispetto ad un’agricoltura più diversificata e di sussistenza) dello stupro del paesaggio, del rifiuto verso la terra.
Ritieni che l’esperienza della partecipazione alla Biennale di Venezia influenzerà la tua ricerca artistica?
Alis/Filliol:
Riteniamo che l’esperienza alla Biennale di Venezia sia stata formativa e stimolante per una molteplicità di motivazioni che sarebbe riduttivo cercare di elencare, tuttavia la nostra ricerca è indipendente rispetto ai contesti espositivi.
Francesco Barocco:
Partecipare alla Biennale è stata una bella esperienza, ma il mio approccio al lavoro prescinde dalle mostre a cui partecipo. Cerco di portare avanti la mia ricerca con quel senso di urgenza indispensabile per creare un’opera.
Marzia Migliora:
Ogni opera influenza per contagio la successiva e rappresenta un passo in più del percorso di ricerca. Ciò che mi appassiona è che questo percorso non ha un reale traguardo, è in continuo divenire. Ogni volta è un rimettersi in gioco come un principiante, per gestire materiali diversi, comunicare con una differente squadra di lavoro e misurarsi con un nuovo spazio espositivo. Realizzare un’opera è come mettere al mondo una parola nuova, che dal suo nascere diviene d’uso per esprimere esattamente quel concetto.
Partecipare alla Biennale di Venezia è una straordinaria occasione, è confronto con grandi professionisti: dai curatori agli elettricisti, agli artisti che arrivano da tutto il mondo. La Biennale è stata per me motivo di grande gioia, che ho condiviso con le persone vicine e con il pubblico che si è mostrato molto caloroso nei miei confronti.
Quali sono le tre opere, presenti alla 56a Biennale di Venezia che hanno destato la tua curiosità e perchè?
Alis/Filliol:
Ci sono piaciuti in particolare alcuni padiglioni nazionali. Dovendo scegliere tre: quello americano con Joan Jonas, il padiglione danese con Danh Vo e quello inglese con le opere di Sarah Lucas. Poichè si tratta di mostre personali è possibile apprezzare il lavoro degli artisti in maniera più completa.
Francesco Barocco:
Ho trovato con gioia all’interno della mostra “All the world’s futures” curate da Enwezor, artisti che da sempre mi coinvolgono: in particolare le trentasei declinazioni di un teschio dipinte da Marlene Dumas, le commoventi fotografie di Walker Evans e, nella stessa sala, le utopiche maquette-sculture di Isa Genzken.
Marzia Migliora:
All’Isola di San Giorgio Maggiore alla Fondazione Cini ho trovato una mostra straordinaria: la personale dell’artista cinese Liu Xiaodong. Un lavoro che attraverso la tecnica pittorica su grandi dimensioni pone il fruitore al centro di mondi lontani ed esistenze reali, rendendoci partecipi ai conflitti e problematiche socio-ambientali che affliggono il mondo in cui viviamo. Un lavoro di autentica militanza in cui le armi sono gli strumenti di lavoro dell’artista: pensiero, sguardo analitico, sensibilità, abilità tecnica e di sintesi, capacità di condivisione e trasmissione della stessa con il pubblico.

Parallelamente alle opere presenti alla Biennale di Venezia ricordiamo che fino al 30 agosto l’opera di Francesco Barocco è protagonista alla Gam di Torino  per la rassegna Vitrine, il progetto dedicato alla ricerca contemporanea, intitolata per l’edizione 2015 Possibilità, a cura di Anna Musini.
Alis Filliol sono al momento presenti nella collettiva Being Thing al Centre d’Art de Vassivière, inaugurata lo scorso 5 luglio e aperta sino al 1 novembre (è prevista nei prossimi mesi una residenza d’artista all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi).
Marzia Migliora è presente a Torino nell’ambito delle mostre Liberi Tutti! al Museo Ettore Fico fino al 18 ottobre e Tuttto Vero presso la Fondazione Merz di Torino sino all’11 ottobre, a Palazzo Morando a Milano sino al 30 agosto in  Fashion as social energy e nella collettiva Il Sosia presso la Galleria Civica di Trento sino al 18 ottobre 2015.
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Elena Inchingolo – Paola Stroppiana

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