People’s meeting. Dodici incontri pubblici che si svolgono in altrettanti Paesi Europei voluti da Clean Clothes Campaign, per raccogliere le istanze dei cittadini, degli attivisti, degli accademici e dei rappresentanti istituzionali sulle politiche che l’Europa dovrà adottare per contrastare la povertà e promuovere la tutela dei diritti umani e dei lavoratori. Un delicato lavoro di confronto che in Italia si è svolto sabato 21 novembre, a Torino nella sede dell’ex birrificio Metzger.
Gli esiti del People’s meeting confluiranno in un unico documento che sarà consegnato al gruppo di lavoro europeo della Campagna il cui compito è quello di definire la linea politica, che l’Europa e le  imprese, dovrebbero adottare nei prossimi anni per tutelare i diritti dei cittadini e dei lavoratori di tutto il mondo. E’ stato l’intervento di Deborah Lucchetti, presidente Fair – Campagna Abiti Puliti a inaugurare il meeting italiano di sabato scorso.
Numerosi i dati portati in assemblea, di cui l’opinione pubblica non è a conoscenza, che riguardano i lavoratori di Ali Enterprises in Pakistan e altre aziende come Tazreen in Bangladesh. Sono 262 i dipendenti morti e 65 i feriti nella prima, che non hanno avuto un risarcimento. La situazione è analoga nelle altre aziende nominate. Alla base di quello che può essere considerato un diritto violato, c’è la mancata responsabilità diretta delle imprese multinazionali nei confronti dei lavoratori impiegati nell’intera catena di fornitura. E ciò in violazione delle Linee guida emesse nel 2011 dalle Nazioni Unite, che dovrebbero orientare il comportamento delle imprese e la produzione normativa degli organismi internazionali,  promuovendo, anche, il dovere degli Stati di difendere i cittadini dagli abusi del settore privato e quello delle imprese di risarcire le vittime in caso di abusi.

Che cosa chiede Abiti Puliti ? Chiede la tutela dei diritti dei lavoratori e delle comunità. E per farlo ritiene che sia necessario individuare strumenti e strategie per imporre alle imprese committenti l’obbligo di vigilare sul rispetto dei diritti umani e ambientali in tutta la catena di fornitura. Inoltre, l’obbligo di rispondere in solido con le imprese fornitrici in caso di danni derivanti dalle violazioni da parte di queste ultime. In qualsiasi Paese operino.
Ma se il terreno di gioco deve essere uguale per tutti, è possibile umanizzare un sistema produttivo come quello odierno? E’ la domanda messa sul tavolo dai relatori.
La risposta sta, probabilmente, nella capacità di ideare un sistema giuridico che trasformi il capitale in bene comune così come, in passato, attraverso istituzioni giuridiche i beni comuni sono stati trasformati in capitale.
A breve sarà disponibile sul sito web di Abiti puliti – sezione italiana di Clean Clothes Campaign, il documento che riporta gli esiti del dibattito italiano. www.abitipuliti.org
Simonetta Coldesina

Erano presenti come relatori:

Deborah Lucchetti, Presidente Fair – Campagna Abiti Puliti
Giovanni Balcet, docente di Economia Internazionale, Università di torino e Maison des Sciences de l’Homme Parigi
Ugo Mattei, giurista docente Università di Torino e Hastings College og Law California
Francesco Gesualdi, Presidente Centro Nuovo Modello Sviluppo – Campagna Abiti Puliti
Silvana Cappuccio, Area Politiche Europee e internazionali CGIL
Benedetta Francesconi, Ministero dello Sviluppo Economico
Paolo Onelli, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Eleonora Forenza, Europarlamentare

 

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