Quartetto di Cremona

Per chiudere in armonia il mese di febbraio il 27, al Teatro Vittoria di Torino, ci sarà terzo appuntamento con il Quartetto di Cremona per il Festival Mozart che l’Unione Musicale – Atelier Giovani dedica al repertorio per quartetto d’archi del compositore salisburghese.
Il concerto sarà preceduto alle ore 18.30 da una guida all’ascolto a cura di Alberto Bosco.
Il concerto prevede l’esecuzione dei Quartetti K. 168 e K. 169 composti a Vienna nell’estate del 1773 quando Mozart aveva solo diciassette anni; la breve parentesi estiva nella capitale austriaca e il contatto con un panorama artistico particolarmente stimolante (Haydn, Hasse, Gluck, Piccinni) segnano profondamente il giovane Mozart e questi Quartetti mostrano, al confronto con i precedenti, una maggior ricerca espressiva e uno spiccato progresso stilistico.
Accanto a queste due opere legate al periodo della giovinezza, i musicisti del Quartetto di Cremona, Cristiano Gualco, Paolo Andreoli, Simone GramagliaGiovanni Scaglione propongono il Quartetto in re maggiore K. 575 (1789) che, insieme al K. 589 e al K. 590, Mozart aveva letteralmente svenduto all’editore Artaria, «solo per poter avere in mano un po’ di soldi». Ma i tre Quartetti in questione erano nati nientemeno che su richiesta di Federico Guglielmo II, re di Prussia – da qui l’attuale denominazione di “prussiani”. Ispirandosi al gusto assai diffuso a corte, e con l’idea di fare cosa gradita al sovrano, Mozart si lasciò contagiare dallo stile brillante di matrice franco-italiana e sviluppò una scrittura solistica estesa a tutti e quattro gli strumenti, ma con speciale attenzione al violoncello.
Nel Quartetto in re maggiore K. 575, infatti, lo strumento grave avvia il secondo tema del movimento iniziale, si lascia coinvolgere in fitti dialoghi nell’Andante, per risplendere da vero protagonista nel Trio del Minuetto. Il risultato è una vitalità concertante che permea questi Quartetti facendone qualcosa di molto diverso da tutti i precedenti. Anche se poi, a ben vedere, la scrittura brillante e le emersioni solistiche dei “prussiani” sono talora soppiantati dal loro opposto stilistico, ovvero dall’arduo, rigoroso contrappunto imitativo: quello stesso che, sempre nel Quartetto K. 575, riesce a scuotere il placido scorrere del Rondò finale, addensando la scrittura in intrecci serrati, trasformandone l’amabilità in un fantasioso, coinvolgente ésprit de finesse.

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