András Schiff torna in stagione all’Unione Musicale giovedì 7 gennaio  per proseguire l’esplorazione dell’ultima produzione pianistica di Haydn, Mozart, Beethoven e Schubert giovedì 7 gennaio 2016 ore 21 al Conservatorio G. Verdi di piazza Bodoni a Torino.
Per questo programma Schiff utilizza due pianoforti, un Bösendorfer per le Sonate di Mozart e di Schubert e uno Steinway per le Sonate di Haydn e Beethoven, così da sottolineare anche da un punto di vista timbrico le differenziazioni stilistiche dei diversi brani.
Interprete di assoluto riferimento per quel che concerne il repertorio pianistico classico, András Schiff ha eseguito più volte dal vivo l’integrale del Clavicembalo ben temperato di Bach, delle Sonate di Mozart e di Schubert e, tra il 2004 e il 2009, il ciclo completo delle 32 Sonate per pianoforte di Beethoven in venti città negli Stati Uniti e in Europa. Ora Schiff ha scelto di dedicarsi a un programma ritagliato sulle ultime Sonate di più autori. L’idea nasce da quelle schubertiane: sublimi ma immense, impossibile suonarle in una stessa serata, come invece era solito fare con le ultime tre Sonate di Beethoven. Dal desiderio di riprendere quelle pagine di Schubert è scaturita la scelta di affiancarle alle ultime Sonate di Mozart e di Beethoven, ma anche di Haydn, per creare una combinazione ideale con le intense partiture schubertiane. Schiff ha dalla sua una tavolozza di colori di rara ricchezza e quella capacità di concepire il senso profondo del brano che esegue da cui nasce la sua inconfondibile e perspicace finezza nelle sfumature.
Nel secondo concerto si potrà ascoltare la Sonata in si bemolle maggiore K. 570 di Mozart, compiuta nel febbraio 1789, che, secondo Alfred Eistein è «forse l’esemplare meglio equilibrato, l’ideale della sonata per pianoforte». L’Allegro, piuttosto conciso, è una pagina essenzialmente cantabile. L’Adagio forma – caso eccezionale per un movimento lento – un rondò a due strofe: la prima tormentata, la seconda più tranquilla. La Sonata si conclude con un altro Rondò. Allegretto pieno di humor.

Andras Schiff

La Sonata in la bemolle maggiore op. 110 è la penultima delle trentadue Sonate per pianoforte di Beethoven. La libertà formale è in questi anni un dato acquisito, risultato della sempre più svincolata e profonda espressione soggettiva, tale da suggestionare l’impianto complessivo dell’opera (in tre anziché in quattro tempi). Una libertà che nell’op. 110 rivela compostezza ed essenzialità di linguaggio, venendo impiegate articolazioni e relazioni armoniche trasparenti che hanno fatto parlare di «seconda semplicità beethoveniana». Come accade spesso nelle opere dello stesso periodo, il baricentro espressivo è assegnato al Finale, qui particolarmente ampio e complesso.
La Sonata in re maggiore Hob. XVI n. 51 è già in odore di Ottocento, e non tanto per la particolare struttura in due tempi (che era già stata usata in alcune piccole sonate per la principessa Esterházy), quanto per l’ambito affatto nuovo in cui si muove. L’Andante iniziale evoca subito il nome di Schubert: le sue levigatezze galanti si stemperano in un’affettuosa cantabilità che ne fa il più diretto antecedente degli schubertiani Impromptus op. 90. Il secondo tempo, nella sua brevità, è tra le cose più profetiche del suo autore. Oltre a essere già un tipico, serratissimo, scherzo beethoveniano, si affaccia in esso un virtuosismo di nuova concezione: non più la brillantezza settecentesca, tutta scale, arpeggi e trilli, ma una complessa scrittura a tre-quattro voci che raggiungerà il suo culmine in Schumann, qui già presente in filigrana.
La Sonata in la maggiore D. 959, composta nel 1828 ma pubblicata postuma undici anni dopo, è la seconda del trittico in rapida successione scritto da Schubert poche settimane prima di morire. Il peculiare linguaggio del compositore viennese tocca una nuova serenità, una dimensione di pace surreale, oltre il vicolo oscuro della follia, una sorta di approdo celeste in grado di sublimare i moti interiori. Nell’alveo della “divina lunghezza” (come ebbe a dire Schumann), la cifra stilistica è la libera varietà chiaroscurale dei temi, frutto di una vis compositiva irrefrenabile.
Nato a Budapest nel 1953, András Schiff ha iniziato a studiare pianoforte a cinque anni con Elisabeth Vadász. Ha poi proseguito gli studi all’Accademia Liszt con Pál Kadosa, György Kurtág e Ferenc Rados e infine a Londra con George Malcolm.
Nel corso della sua carriera ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali tra i quali la nomina a membro onorario del Beethoven-Haus di Bonn (2006), il Premio Abbiati (2007) e la medaglia della Wigmore Hall di Londra (2008). Nel 2011 ha meritato il Premio «Robert Schumann» e, nel 2012, la medaglia d’oro della Internationale Stiftung Mozarteum e la nomina a membro onorario del Wiener Konzerthaus e membro speciale del Balliol College di Oxford. È stato inoltre insignito della Croce al merito della Repubblica Federale Tedesca. Nel dicembre 2013 ha ricevuto la medaglia d’oro alla carriera della Royal Philharmonic Society; nel 2014 è stato insignito dalla Regina Elisabetta della onorificenza di KBE (Knight Commander of the Most Excellent Order of the British Empire, Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico) e ha ricevuto la laurea honoris causa dell’Università di Leeds.
Ospite delle maggiori orchestre in tutto il mondo e dei maggiori festival, nel 1999 ha fondato una propria orchestra da camera, la Cappella Andrea Barca con la quale lavora, come con la Philharmonia Orchestra di Londra e la Chamber Orchestra of Europe, nel duplice ruolo di direttore e solista. Nel 1989 ha fondato il festival Musiktage Mondsee e, con Heinz Holliger nel 1995, i Concerti di Pentecoste di Ittingen in Svizzera. Dal 1998 anima a Vicenza una serie di concerti Omaggio a Palladio.

Unione Musicale – tel. 011 566 98 11 – info@unionemusicale.it – www.unionemusicale.it
martedì e mercoledì 12.30-17 – giovedì e venerdì 10.30-14.30

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