Le grandi rockstar non vengono più in Italia da tempo.
In compenso, qualche volta, se invitati con le migliori intenzioni, i luoghi giusti, la certezza di un pubblico presente, sensibile e più preparato di quanto si sospetti, qualche grande della letteratura, accoglie la richiesta e fortunatamente si presenta.
Non un caso, ma generoso altruismo, da parte della Fondazione Bottari Lattes, aver portato in Italia Margaret Atwood. Per alcuni è la scrittrice che ha dato vita, trasponendola dal suo romanzo, ad una delle serie approdate su Netflix di sorprendente successo: Il Racconto dell’ancella. Ma per la comunità letteraria internazionale è una delle più grandi scrittrici contemporanee.
Canadese, classe 1939, Margaret Eleanor Atwood nasce a Ottawa in Ontario, seconda di tre figli, a seguito del lavoro da entomologo del padre, vive un ìinfanzia originale, infatti non frequenterà la scuola fino agli undici anni.
L’originalità del suo percorso dettata sin dall’inizio la caratterizzerà, e si imprimerà nella sua scrittura. Sin dagli ’50 partecipa alle battaglie femministe e pacifiste, per i diritti civili delle minoranze e nella tutela dell’ambiente. Soprendentemente prolifica, sessanta romanzi tradotti in 22 lingue, la sua opera che tocca i generi più diversi. Dai romanzi, alla poesia, agli sceneggiati televisivi, ai saggi, fino ai libri per bambini e persino i fumetti. Oltre al famosissimo blog dedicato agli zombie.
La Atwwod è in Italia per un motivo particolare. Le è stato conferito il Premio Speciale Lattes Grinzane 2021, promosso dalla Fondazione Bottari Lattes, ed in occasione della consegna del Premio, l’autrice terrà una lectio magistralis ad Alba, presso il Teatro Sociale Busca dal titolo “Raccontare storie”.
«Poetessa, scrittrice, esploratrice del mito, ambientalista per nascita e convinzione, custode della memoria storica dell’umanità: nella sua lunga storia di narratrice Margaret Atwood ha sperimentato ogni forma di scrittura, dal racconto breve al romanzo alla poesia al saggio alle storie per bambini, mutando ogni volta voce ma conservando uno sguardo insieme ironico e partecipe sui grandi temi del nostro tempo. La necessità di preservare l’ambiente, che attraversa grandissima parte della sua produzione, dalla trilogia di MaddAddam fino ai suoi due romanzi più popolari, Il racconto dell’Ancella e I testamenti; la forza, l’oppressione ma anche le contraddizioni delle donne di fronte al potere; l’ala di tenebra della storia, a cui sempre guarda anche nella produzione che si suole definire fantastica e che, come ha sempre ribadito Atwood, si fonda su fatti realmente avvenuti, e spesso dimenticati.
Che si tratti di streghe bruciate sul rogo, di cameriere accusate di omicidio, di artiste tormentate o delle dodici ancelle innocenti trucidate da Odisseo al suo ritorno a Itaca, c’è sempre la realtà nelle parole di Atwood: anche, e forse soprattutto, quando prendono la via della fantascienza e della distopia, che possono rivelare sulle nostre vite molto più di una narrazione che si pretende realista. “Una parola dopo una parola dopo una parola è potere”, ha detto una volta Margaret Atwood: quello che ha dimostrato nel suo lavoro è che le parole possono anche scardinare i poteri. Quelli del presente, quelli che verranno”
Ed è per questo che la giuria è stata unanime nel conferirle la Quercia del Premio Bottari Lattes.
Per i giornalisti è stato organizzato dalla Fondazione che l’ha invitata un incontro con la scrittrice. Dove per oltre un’ora si è concessa, piuttosto divertita, alle domande. Circondata da una aura da strega buona, minuta, infagottata in un maglioncino scuro, con ai piedi delle scarpe da ginnastica da ragazzina, ha risposto con pazienza, acume e una assoluta lucidità sulla situazione contemporanea politica e ambientale.
La risposta, adamantina e inattaccabile sulla letteratura e sul suo ruolo, la offre quando dice: “La grande letteratura è sempre socialmente impegnata perché altrimenti non sarebbe considerata grande“.
Da tempo il nome della Atwood circola per ricevere il Nobel.
Visto che malgrado l’età è ancora piena di energia, di sagacia e di quel dono benedetto e sacro che è l’ironia, forse sarebbe il caso di non tergiversare e assegnarglielo. Definitivamente.
Rai 5 le ha dedicato un delizioso documentario.