Alessandro Baricco è un mago, un demiurgo che esprime al meglio i suoi poteri in una cornice di assoluta sobrietà. Una scrivania e un microfono. Nessun costume di scena o effetto speciale, nessun video alle spalle, il minimo della scenografia per allargare lo spazio, la cavea di chi lo ascolta e condurre gli astanti, per forza narrativa esattamente dove desidera. Il più delle volte sono posti interessanti, vivaci, inconsciamente ambiti.

Lo fa con un “gesto”, per citarlo, elegante e astuto, morbido, senza invettive o rabbie, spinge apparentemente senza sforzo una porta e questa si apre su mondi in cui dimora qualcosa che merita ritrovare conoscere di nuovo. Estrae il panno vellutato del saper raccontare e con quello lucida con premura, la sfera di un argomento, fino a renderla lucente.

Ieri è stata la volta del sound, del suono e della musica.

L’occasione era la presentazione della seconda stagione di “Seven Springs” Il suono della Holden, dove i direttori artistici Gloria Campaner e Nicola Campogrande hanno immaginato sette serate di musica dal vivo, alle sette di sera, al costo di sette euro ciascuna (con un’unica eccezione finale).

Dal 22 aprile al 10 giugno Seven Springs ospiterà artisti di fama internazionale, tra questi Viktoria Mullova, Vinicio Capossela, Giovanni Antonini, Anabel Montesinos, Alessandro Carbonare e Giovanni Sollima invitati a calcare il palco del General Store della Scuola Holden, l’aula magna disegnata dallo studio di architettura di Dante Ferretti. Per chiudere la sorpresa di Una Traviata da cortile, immaginata a cielo aperto, nel grande cortile della scuola di e con Alessandro Baricco e la direzione musicale di Enrico Melozzi.

Proprio la musica è stata la protagonista in mattinata di una lezione di Baricco dedicata agli studenti, qui sono emerse alcune idee riconducibili con molta probabilità al libro in scrittura in questo periodo. Dovrebbe trattarsi di un saggio, un pamphlet, o una mappa per attraversare il paese della musica classica, individuata in quell’occidente europeo che come nessuno l’ha studiata, composta e soprattutto dominata tramite quell’animalone a tasti e pedali chiamato pianoforte.

Fu inventato, guarda caso da un italiano, tal Bartolomeo Cristofori, un padovano cittadino della Repubblica di Venezia attivo alla corte fiorentina di Cosimo III de’ Medici, che alla fine del’600 lo definì un “gravicembalo col piano e forte”.

Se l’intuizione di un libro sulla musica si rivelerà corretta avremo una magia nuova, da leggere o ascoltare o da compiere entrambe. Le frequentazioni sentimentali dello scrittore fanno ben sperare.