Era bella. Bella davvero. Di quella luce nascosta, che emana leggera, e spesso non si fa in tempo a cogliere. Soprattutto, non nel secolo e nel millennio scorso. Non quando si fa un mestiere all’epoca esclusivamente riservato agli uomini.
Siamo agli albori del ‘900, a Torino, negli anni nascenti dell’industria cinematografica. Lei si chiama Esterina Zuccarone, famiglia immigrata dal Sud, rione di Porta Palazzo. Inizia a lavorare a 13 anni, come la maggior parte delle coetanee non appartenenti alle classi alte. E viene assunta in una delle aziende futuristiche che proprio a Torino iniziano a fare i primi passi nel cinema.
Ma il suo talento non è il palco, lei spazia tra le retrovie, in uno di quei lavori silenziosi e invisibili, dei quali fino ad ora non esisteva traccia. Dapprima sarta bambina (dire costumista suona prematuro per il tempo). E prestissimo la velocità e il talento delle sue mani e delle sue forbici la portano ad essere richiesta per ritagliare e rimontare pellicole, e da lì alla moviola. Subito contesa tra le varie produzioni cinematografiche, dalla Positiva all’Itala Film, con una carriera inarrestabile. Compie 17 anni quando approda alla prestigiosa Fert e – boom – è montatrice e caporeparto di 14 addetti, tutti uomini.
Parlo di Esterina Zuccarone con la pronipote Erika, e poi con il cugino Davide, e ne viene fuori una storia di grande fascino. Lei si innamora, e per qualche tempo anche il futuro sentimentale le sorride. Ma quando capisce che il fidanzato dopo il matrimonio la vorrà tutta per sé a casa, soltanto moglie e madre, si sgomenta. Dapprima discute, poi si ribella ed infine archivia questo amore, guarda avanti, abbraccia totalmente e per sempre il lavoro.
Un lavoro che conclude nel migliore dei mondi, in una Torino che da tempo ha perso la supremazia del cinema a favore di Cinecittà, ma che ha al suo culmine storico la Fiat. E così, nel 1951 viene assunta per occuparsi di organizzare il nuovo settore di produzione di documentari e comunicazioni pubblicitarie.

Alla sua vita è dedicato un film-documentario “La storia di Esterina” diretto dalla regista torinese Milli Toja e la sua figura viene ricordata anche oltre oceano, nel sito che la Columbia University ha dedicato al Women Film Pioneers Project.
Nondimeno anche la città di Torino, fin dal 2008, ha dato un contributo alla riconoscenza e al ricordo, intitolando a questa pioniera la porzione nord del Giardino di piazza Adriano. Oggi la sua storia personale e professionale viene messa in luce e si allarga a scoprire altre colleghe italiane (30 in tutto) grazie ad una mostra aperta a Roma dal titolo “inVisibili. Le Pioniere del Cinema” (16 maggio/28 settembre 2025).

Promossa dal Ministero della Cultura e realizzata ed organizzata da Archivio Luce Cinecittà, è ospitata presso l’Istituto Centrale per la Grafica di Roma. “Una mostra che porta in luce e restituisce voce alle protagoniste degli esordi della settima arte – afferma il Sottosegretario alla Cultura Lucia Borgonzoni, e riconsegna alla memoria collettiva un capitolo del nostro passato troppo poco conosciuto, tutto al femminile”
Il percorso espositivo si articola in 30 tappe, ognuna dedicata ad una pioniera, e recupera materiali inediti, pellicole ritrovate, riviste d’epoca, documenti d’archivio, sceneggiature, fotografie e bozzetti, per restituire una nuova prospettiva sulla genesi del cinema, in cui le donne erano parte attiva in ogni fase del processo produttivo.
Mariuccia Assola