Settore call center in subbuglio. Quanto vale il servizio clienti nel 2025?
Finita l’attesa per i lavoratori dei Call Center che il 3 febbraio hanno scioperato contro il nuovo contratto collettivo per il settore BPO – Business Process Outsourcing, Digital Experience e Data Management, sottoscritto da Assocontact e Cisal.
Circa 6000 i dipendenti impiegati su tutto il territorio nazionale e 600 in Piemonte: attendevano di sapere se vi fosse una fatta marcia indietro sulla migrazione dal Ccnl Telecomunicazioni che le aziende aderenti ad Assocontact hanno disdetto. Come presumibile le opportunità per le aziende e le riconsiderazioni sull’operato dei lavoratori è andato a loro discapito.
Il nuovo contratto infatti prevede la riduzione di oltre il 50% delle ore di permesso, passando dalle 104 previste dal CCNL Tlc alle sole 48 ore; l’abbattimento graduale dell’integrazione economica sui primi tre giorni di malattia, passando dall’integrazione al 100% ad un sistema di graduale riduzione prima al 50%, fino ad arrivare all’azzeramento totale; lo sdoganamento del controllo a distanza, con l’utilizzo del dato individuale per il monitoraggio real time delle performance, legandolo anche all’aspetto salariale; la sostituzione degli scatti di anzianità con gli scatti professionali ottenibili solo con della formazione in orario extra lavorativo e il relativo conseguimento di una certificazione; sono tutti aspetti che lasciano l’amaro in bocca e una fiducia dei lavoratori certamente disattesa.
Tra i professionisti del settore c’è Elisa ( nome di fantasia, ndr), Customer Care Specialist da oltre quindici anni. Senza entrare nel merito del nuovo contratto BPO, ha condiviso con noi cosa vuol dire oggi lavorare per il Customer Service di brand e aziende.
“Spesso quando si parla di noi operatori e operatrici si pensa ai centralinisti o a una schiera di venditori telefonici senza scrupoli, oppure a coloro che si limitano a inoltrare segnalazioni e reclami ad altri uffici. La realtà è però molto diversa. Infatti, nel nostro lavoro siamo chiamati a mettere in campo tutte le nostre abilità comunicative e le competenze tecniche che acquisiamo strada facendo, per una gestione del cliente puntuale, efficace e risolutiva. – racconta – I clienti si aspettano che le loro richieste e i problemi vengano accolti e gestiti con rapidità ed efficienza e spesso il Servizio Clienti è l’unico canale di contatto per farlo. Allo stesso tempo per le Aziende rappresenta il mezzo con cui avvicinarsi alle persone. Che le aziende committenti siano pubbliche o private, con tutte le attività che svolgiamo, dal centralino all’outbound per le proposte commerciali, al supporto al cliente fornito dai contact center tramite telefono, e-mail, live chat e messaggistica, generiamo valore”.
In un’era in cui si parla sempre più di tecnologia, innovazione e sostenibilità, i più tradizionali call center e i contact center continuano ad essere fondamentali perché permettono alle aziende di migliorare la loro brand reputation e di consolidare le relazioni con i loro clienti facendo la differenza.

Negli ultimi vent’anni è un settore che è cambiato molto e nel quale anche grazie alla mobilitazioni dei lavoratori si sono ottenute maggiori tutele. Il nuovo contratto collettivo non piace, perché si presenta come un passo indietro, con una riduzione dei diritti che certamente non fa pensare ad un cambiamento positivo. Anzi…
“Un tempo i call center erano popolati da giovani alle prime esperienze lavorative, molti dei quali erano studenti che vivevano ancora con i genitori. Oggi quelle persone sono diventate adulte e molte, che hanno lasciato il nido, vivono in toto la loro indipendenza. Nel tempo si sono anche formate molte famiglie e le vite si sono trasformate e con esse le esigenze. Spesso si tratta di lavori part-time di 20 o più ore settimanali che purtroppo non garantiscono un’entrata economica sufficiente per arrivare a fine mese. – spiega Elisa, che ha aggiunto – Nel tempo, per molti è diventato, non solo un lavoro a tempo indeterminato, ma una professione con un know-how in costante crescita. Seduti nelle postazioni siedono sempre meno ragazzi alle prese con il loro primo lavoro transitorio e sempre più persone con un bagaglio di esperienza professionale importante e consolidata. Una risorsa che va riconosciuta e valorizzata”.
Leonetta Sarani