UN TORINESE A PARIGI

Luca Castaldi e Franco Grosso

Da sempre appassionato di automobili, in particolare di quelle storiche, ho avuto la fortuna di trasformare una vera e propria “patologia” in professione. Ed eccomi qui, felice giornalista freelance specializzato in ferrivecchi. Sempre pronto a scovare il momento giusto per mettere in moto un’auto d’epoca, assaporarne gli odori e le sublimi scomodità d’antan. E le occasioni davvero non mancano mai: tra eventi, reportage, interviste a collezionisti, servizi speciali ad auto speciali e saloni, riesco sempre ad essere con la benzina fino al collo…
Finalmente, dopo anni di attesa e di rinunce, ho soddisfatto il grande desiderio di visitare il salone parigino Retromobile. Come immaginavo, è stata una bellissima esperienza, che mi sento di consigliare non solo agli appassionati del motorismo. Ma sarebbe stato decisamente troppo banale e noioso se mi fossi imbarcato su un aeroplano o se fossi salito su un treno per raggiungere la “ville lumiere” senza gustarmi qualche centinaia di chilometri sulle piacevoli route nationale d’Oltralpe, attraversando senza fretta il cuore della Francia con la speranza di incrociare qualche altra vettura storica, di quelle che raramente si vedono in Italia. Il mio viaggio alla volta di Paris avrebbe dovuto unire aspetti puramente turistici a qualche prelibatezza motoristica, ecco perché ho studiato un itinerario ad hoc per soddisfare tali esigenze.

Charroux

Quindi niente aereo, niente treno. Quale altro mezzo mi avrebbe portato a Parigi se non una storica a quattro ruote? Naturalmente una francese, per rimanere in tema. Sicuramente un simbolo dell’automobilismo transalpino. Scartata la Citroen DS perché troppo… comoda e troppo… istituzionale, quale altra icona poteva venirmi in mente se non la mitica 2CV? È francese ma con qualcosa di italiano (la disegnò l’artista varesotto Flaminio Bertoni), è simpatica, sbarazzina, lenta quanto basta per assaporare ogni chilometro. E di chilometri ne avrei fatti in quantità.
COMPAGNO DI VIAGGIO
Solo un matto come Franco Grosso avrebbe potuto rispondere con entusiasmo alla mia oscena proposta… Cuneese di Beinette, l’amico Franco è uno specialista di Citroen 2CV e derivate. Compra, vende, restaura, commercia in pezzi di ricambio e mette a disposizione la sua decennale esperienza per tutti coloro che vogliano iniziare a frequentare il mondo della mitica “Deuche”. Ecco perché sono bastate un paio di telefonate per esporgli le mie intenzioni e per ricevere da lui tutto il supporto del caso. E tutto l’entusiasmo di chi si sarebbe rivelato un fantastico compagno di viaggio.

Frejus

Supporto tradotto in quattro ruote con la sua 2CV Azu del 1958: la furgonetta “shabby chic” alla quale Franco non risparmia né chilometri né carichi pesanti. Un conservato doc che al primo sguardo non infonde molta fiducia, ma che sottopelle è curato e seguito con scrupolo per poter affrontare a cuor leggero viaggi lunghi e impegnativi. Come il mio con destinazione Paris.
PIT STOP SOTTO CASA
“Per sicurezza ho cambiato le gomme e ho preso due antineve in caso di emergenza maltempo”. Queste le ultime parole famose di Franco subito dopo essere partiti in un grigio pomeriggio di inizio febbraio (martedì 2 alle 15.30, per la precisione). Ma poi, appena imboccata l’autostrada che da Torino porta al traforo del Fréjus, ecco la domanda che non avrei mai voluto sentire: “Cos’è questo rumore?”, mi chiede buttandola lì tra una chiacchiera e l’altra. Hai voglia se sento rumori… penso fra me e me con il cervello già frullato dal bicilindrico francese. “Quale?”, rispondo invece con malcelata indifferenza.
Franco inizia a spiare nello specchietto retrovisore, che vibra come tutto il resto della furgonetta. “Ah, abbiamo forato!”, dice infine trionfante… Ecco, lo sapevo. Me lo sentivo che qualcosa sarebbe andata storta. Neanche il tempo di invocare santi e arcangeli che Franco ha già accostato. Ha preso attrezzi e ruota di scorta e dopo cinque minuti d’orologio siamo di nuovo on the road.
Questo l’unico inconveniente di rilievo accusato in un viaggio durato sei giorni e quasi 1800 chilometri. Per il resto – a parte la rottura del tachimetro e della leva del freno a mano – tutto ok, non un’esitazione da parte della nostra fedele “Deuche”. Giusto un chilo d’olio rabboccato a metà percorso.

In breve, la “missione Retromobile” ci ha portati a Parigi facendo tappa – all’andata – a Clermont-Ferrand, a Moulins e a Charroux, di fatto spezzando il tragitto in due parti uguali. Il ritorno è stato leggermente più sbrigativo, con unica sosta notturna a Vichy (più o meno sempre a metà strada tra Parigi e Torino).
INFORMAZIONI TURISTICHE
Riportiamo qui di seguito alcune dritte per chi volesse intraprendere un viaggio simile al nostro, magari per visitare Retromobile 2017: un’avventura che consigliamo vivamente per trascorrere una settimana all’insegna dell’auto storica e del buon vivere in terra francese.
Arrivando dal nord-ovest dell’Italia si può raggiungere Parigi attraversando la bellissima regione dell’Auvergne. Non molto conosciuta da noi italiani (più abituati a bazzicare in Provenza, Costa Azzurra, Normandia, solo per citare le zone d’Oltralpe più famose) ma selezionata dalla celebre guida turistica Lonely Planet tra le 10 più belle regioni del mondo da visitare. Scusate se è poco. Si trova proprio nel cuore della Francia. Il suo territorio offre una varietà di panorami che vanno dalle colline vulcaniche alle valli glaciali, dai parchi naturali ai borghi più belli di Francia, dalle prelibatezze enogastronomiche alle attrazioni motoristiche. L’Auvergne è una delle culle dell’automobilismo francese.
Ed ecco le cose più interessanti incontrate sulla nostra rotta. Come prima tappa abbiamo scelto Clermont-Ferrand, città dove il 28 maggio 1889 i fratelli Edouard e André Michelin fondarono la loro fabbrica di pneumatici. Oltre ad ospitare ancora oggi gli impianti industriali e i centri di ricerca e sviluppo, a Clermont-Ferrand è possibile visitare il museo de L’Aventure Michelin.
Un paio di giorni di sosta nella zona sono stati utili, nel nostro caso, per raggiungere un piccolo paese nei sobborghi di Clermont-Ferrand. Si chiama Lempdes ed è conosciuto tra i “duecavallisti” perché qui nacque Pierre Jules Boulanger: prima direttore dello stabilimento Michelin di Clermont-Ferrand, poi, dal 1937, gran capo della Citroen per la quale gettò le basi del progetto 2CV. Quella che fu la sua casa è oggi il municipio del paese (soprannominato “le berceau de la 2CV”, la culla della 2CV).
Inoltre, girando per le strade di questo centro abitato, si possono trovare altre tracce “duecavalliste”: dal centro polivalente “La 2 Deuche”, al ristorante “La Deuche”; da un trompe l’oeil sulla facciata di una casa dov’è raffigurata una 2CV, ad un vero e proprio monumento dedicato alla utilitaria francese. Si trova all’uscita dell’autostrada, impossibile non vederlo: in cima ad una rampa, a mo’ di piedistallo, c’è una 2CV che troneggia come un’opera d’arte.
Da Lempdes abbiamo proseguito verso nord per visitare l’incantevole borgo medievale di Charroux e per pranzare a Moulins, storica capitale borbonica. Una giornata da veri turisti, che ci ha permesso di affrontare a cuor leggero il traffico incontrato alle porte di Parigi, raggiunta nella serata di giovedì.

Venerdì e sabato full immersion a Retromobile e poi via, di nuovo in macchina per rientrare in Italia. Ma non senza organizzare altre escursioni motoristiche. In particolare, un passaggio frugale (purtroppo era già sera) al circuito di Magny Cours e poi tappa notturna nei dintorni di Vichy, famosa per le terme. Qui abbiamo trovato una chambres d’hotes a dir poco perfetta. Si chiama La Passagére. I padroni di casa sono Thierry e Karine Fondecave, che con passione hanno recuperato una vecchia villa degli anni Trenta e l’hanno arredata in perfetto stile art decò. Non solo. Thierry è un appassionato di auto storiche e nei suoi garage sono parcheggiate una decina di belle vetture, tutte a disposizione degli ospiti de La Passagére che vogliano visitare i dintorni guidandole.
Il mattino successivo, domenica, era previsto l’ultimo strappo di circa 500 km per tornare a casa. Prima sorpresa: praticamente di fronte alla Passagére abbiamo trovato lo storico stabilimento della Ligier, oggi produttrice di microvetture ma con un passato in Formula 1 e nella costruzione di vetture sport-prototipo. Fondata da Guy Ligier nel 1969, esordì nella massima serie nel 1976 con il pilota Jacques Laffite. Rimase nel circus iridato per i successivi vent’anni, ottenendo dei discreti risultati.
Seguendo poi le indicazioni di un moderno navigatore satellitare ci siamo ritrovati ad un incrocio nel bel mezzo della campagna: praticamente perduti. Ad un tratto, quasi un miraggio. Una scena da film. Dalla strada sulla nostra destra si sono avvicinati due fari tondi. Poi la sagoma di una vettura bicolore, anch’essa tonda. Infine, impossibile non riconoscerla, una 2CV! Si è fermata proprio di fronte a noi. Ci siamo guardati tutti con occhi increduli. Un attimo di sbigottimento e poi il fragore di una sana risata. Siamo scesi dalle nostre auto: strette di mano, presentazioni e altre risate. Michel Chanet, in passeggiata domenicale con la sua Citroen, ci ha accolto come se fossimo dei vecchi amici incontrati dopo tanti anni. I “duecavallisti” son proprio matti da legare. Inutile dire che Michel ci ha invitati a casa sua per mostrarci il garage pieno di Citroën: Mehari, Ami 8 e altre due 2 CV…
Per fortuna ci ha poi indicato la strada giusta da imboccare. Queste sono le sorprese più belle che i viaggi in auto storica ci riservano.
UNA TORINESE LA VEDETTE DI RETROMOBILE
Prima di tutto la soddisfazione di aver raggiunto Porte de Versailles nei modi e nei tempi stabiliti, grazie all’efficienza della nostra furgonetta che ci ha portati a destinazione senza intoppi. Poi il ricordo ancora nitido di un salone che ha superato le mie aspettative. Non grande quanto l’altrettanto rinomata Techno Classica di Essen, in Germania, ma dai contenuti di prim’ordine in fatto di qualità e pregio dei veicoli esposti e l’originalità delle tematiche trattate. E che brividi vedere in azione alcuni bolidi degli anni Dieci e Venti durante le dimostrazioni nei viali esterni dei padiglioni.

Fiat S 76

In particolare, la messa in moto e l’esibizione della Fiat S 76: la bestia di Torino. Fiammate dagli scarichi del suo immenso motore aeronautico da quasi 30 litri di cilindrata; un rumore secco e rabbioso che ha già fatto il giro del web grazie ai video “postati” da migliaia di appassionati. E poi, al termine dei giri d’onore in mezzo a due ali di folla, l’ovazione della gente entusiasta per aver ascoltato una sinfonia meccanica da pelle d’oca. 
Lo stesso è valso per la Darracq V8 del 1905, anche lei fatta scorrazzare a Retromobile nell’ambito della tematica dedicata ai mostri da record completata da una terza vettura, la Napier 4 cilindri (7,7 litri di cilindrata) che partecipò alla Coppa Gordon Bennet del 1903. Oggi fa parte della straordinaria collezione del National Motor Museum di Beaulieu, in Inghilterra.
Purtroppo anche la “nostra” Fiat S 76 – nata a Torino nel 1911 – è conservata nel Regno Unito, dal collezionista Duncan Pittaway. Il quale, in occasione del Goodwood Festival of Speed 2015, ha riportato a ruggire la bestia di Torino dopo averla in buona parte ricostruita, partendo dall’unico telaio rimasto (dei due costruiti) e dal motore proveniente dall’esemplare distrutto all’epoca dalla Fiat. Questa particolare vettura (anche identificata come “300 HP”) venne progettata per ottenere i record di velocità. Iniziò i tentativi nel 1911 con al volante Pietro Bordino, prima a Brooklands, poi a Saltburn, sempre in Inghilterra. Raggiunse i 185 km/h di velocità massima. Nel 1912, condotta da Arthur Duray ad Ostenda, in Belgio, superò i 210 km/h.
Luca Gastaldi

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