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Sabato 25 alle ore 21 iniziano i concerti della IX stagione delle Regie Sinfonie  dei Musici di Santa Pelagia nella sala Mozart di Palazzo Barolo.

Il pensiero contemporaneo vede nell’opera d’arte un’icona inviolabile, espressione dell’estetica dell’autore e delle sue più profonde convinzioni, frutto di rielaborazioni e correzioni estenuanti e pressoché infinite: fra i luoghi comuni più convenzionali c’è infatti l’immagine dell’artista di taglio prettamente romantico, che crea tra indicibili difficoltà e sofferenze la sua opera, che rappresenta la propria essenza e, conseguentemente, quella del genere umano. Impossibile quindi modificare una sola virgola, una pausa o un effetto timbrico della composizione artistica, perché si distruggerebbe l’essenza stessa dell’opera e si minerebbe l’intera concezione estetica dell’autore.
Se per le generazioni del XIX e XX secolo la sacralità dell’opera d’arte e la sua inviolabilità rispecchiano perfettamente la realtà, volgendo lo sguardo ai secoli precedenti questa visione si scontra necessariamente con una concezione opposta dell’opera d’arte e dell’artista: la prima, specie nella musica, aveva un uso effimero, legato all’occasione per cui veniva scritta e, tranne rarissime eccezioni, veniva presto dimenticata per una nuova composizione; l’artista poi era visto più come artigiano estremamente specializzato e raffinato e non come ministro sacro della religione dell’arte, detentore della vera scienza.
In quest’ottica le trascrizioni, le citazioni e i veri e propri plagi assumono un altro aspetto, giustificati dagli stessi autori che citano continuamente se stessi riprendendo, modificando e adattando alle esigenze del momento le opere scritte in precedenza attraverso la tecnica della parodia. Consultando il catalogo di Johann Sebastian Bach si può riscontrare come l’autore faccia spesso uso della parodia che semplifica, ad esempio, il compito di scrivere una cantata a settimana per la chiesa di San Tommaso a Lipsia; in altri casi il compositore adatta per ragioni editoriali una sonata scritta in precedenza per un nuovo strumento o riscrive per un altro strumento solista concerti concepiti con un organico diverso; tutti i concerti in programma questa sera sono rimaneggiamenti di “prima mano”, fatti cioè dallo stesso Bach che, nel caso del Concerto per clavicembalo in la maggiore BWV 1055, sostituisce semplicemente lo strumento solista (dall’oboe al clavicembalo), mentre nel Triplo concerto in la minore BWV 1044 prende a prestito da un preludio e fuga (BWV 894) per clavicembalo e da una sonata per organo (BWV 527) tutto il materiale tematico presente nelle “nuove” composizioni. Alcuni infine ritengono che la Suite in si minore per flauto e orchestra BWV 1067 possa essere anch’essa una trascrizione di una precedente raccolta per oboe e orchestra, oggi perduta: sebbene non ci siano prove concrete dell’esistenza di questo concerto per oboe, la consuetudine di Bach di parodiare le sue stesse composizioni depone assolutamente a favore di questa ipotesi.
Alessandro Baudino
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