La mostra illustra la vivace società italiana del XIX secolo, partendo dai ritratti fotografici, rappresentazioni  realistiche, veri e propri pezzi di storia. Abiti, occhiali e oggetti preziosi arricchiscono il percorso espositivo, riflesso dei simboli ritratti nelle fotografie.

Nessun genere si sviluppò quanto il ritratto fotografico, divenendo parte del costume e indice di una
cultura sociale e politica. Il successo fu tale che la sua invenzione decretò un progressivo ampliamento della
visibilità culturale e politica delle classi più povere: il ritratto fotografico divenne testimonianza di vita,
presenza e ricordo per la gente comune.

Società e costume nel ritratto fotografico

I moderni mezzi di comunicazione rendono oggi l’immagine fotografica immediata, semplice, veloce.
Telefoni cellulari di ultima generazione hanno permesso una diffusione esponenziale della cultura dell’immagine. La fotografia oggi riguarda ogni aspetto della nostra vita: una realtà fatta di istantanee che illustrano e descrivono la quotidianità.

Una realtà vera e propria, fatta di immagini immateriali, che vivono in un ambiente virtuale, forme digitali,
fatte di numeri e codici, che si perdono nella memoria di un cellulare o nella pagina di un social network.
Da questo forte contrasto con la realtà contemporanea, risultano particolarmente affascinanti gli sviluppi
unici e irriproducibili dei primi processi fotografici. Proprio al momento storico in cui la memoria visiva è
mediata da supporti ottici e magnetici, la magia tattile di un oggetto torna a dispiegare il fascino antico e
palpitante dell’esistenza vera.

Per ogni individuo il ritratto ha da sempre rappresentato un bisogno inconscio e latente di lasciare ai
posteri un’immagine della propria presenza terrena.
L’invenzione della fotografia e il suo rapido sviluppo, determinarono nella storia del ritratto una
grandissima svolta: la possibilità di rendere accessibile a una parte di popolazione sempre maggiore ciò che
fino allora era a uso di pochi, pochissimi eletti.
La “rivoluzione fotografica” poté inizialmente contare su un ben determinato pubblico che aveva specifiche esigenze di acquisto, una committenza medio-alta che raggiunta la sicurezza materiale, desiderava affermarsi attraverso segni esteriori.

Lo scopo ultimo del ritratto fotografico non era semplicemente quello di fermare il tempo di un ricordo,
piuttosto quello di celebrare se stessi, la propria identità, creare un’opera d’arte al pari del ritratto
pittorico. Il ritratto fotografico acquisì fin da subito un valore particolare: uno specchio fedele della realtà;
la fotografia non può essere bugiarda, perché è la luce che crea l’immagine, che dipinge i caratteri somatici
e l’espressione di un volto, ne individualizza e seleziona i particolari. Seppure manifestazione di intimità, la
fotografia era il riflesso di una apparente socialità, resa evidente da segni e simboli.
Farsi fare un ritratto diventava più rapido e meno costoso e questo comportò notevoli cambiamenti negli
usi e costumi della società di allora, che iniziò a pensare al ritratto non più come un evento eccezionale ma
possibile. Nessun genere si sviluppò quanto il ritratto fotografico, divenendo parte del costume e indice di
una cultura sociale e politica. Il successo fu tale che la sua invenzione decretò un progressivo ampliamento
della visibilità culturale e politica delle classi più povere: il ritratto fotografico divenne testimonianza di vita,
presenza e ricordo per la gente comune.

La mostra è strutturata in due grandi parti, al fine di illustrare la nascita e l’immediato sviluppo nell’alta società, fino all’affermazione nelle classi più povere, decretandone l’evoluzione democratica.
Una sezione preliminare introduce l’esposizione al fine di illustrare la nascita e le diverse soluzioni tecniche
dei primi ritratti fotografico, riflesso di una vivacità tecnico-scientifica estremamente ampia e variegata.
Nella prima sezione, gli eleganti ritratti dell’alta società si confronteranno con abiti d’epoca, ombrelli e
occhiali. L’immagine ritratta nelle fotografie, assumerà la funzione di uno specchio sugli oggetti esposti in
sala, espressione della ricchezza e della magnificenza della società europea alla fine del XIX secolo.
Nella seconda sezione si incontreranno i ritratti di persone comuni. Qui si scopriranno le fotografie scattate
da Leonilda Prato nel corso della sua attività di fotografa ambulante, svolta tra Piemonte, Liguria e Svizzera
nei primi decenni del Novecento: un materiale straordinario poiché documenta non solo un mestiere – per
di più svolto da una donna, fatto già di per sé eccezionale – ma un’intera società colta nel passaggio del
secolo. Seguiranno i ritratti realizzati da Lorenzo Foglio, postino di Barolo a cavallo tra XIX e XX secolo, che
pone l’accento sulla figura della figura umana.
Nel confronto tra le due parti, si osserverà un forte contrasto tra l’ampia e varia esposizione di oggetti nella
prima sezione, rispetto ai soli ritratti della seconda. Se abiti, occhiali e oggetti d’uso sono una dimostrazione
della vita quotidiana dei ceti più abbienti, per le fasce più deboli la fotografia è l’unico ricordo che ne
testimonia la memoria.

Palazzo Barolo – Via Corte d’Appello 20, Torino
PERIODO
1 febbraio – 5 aprile 2020
CONTATTI
palazzobarolo@arestorino.it
338 169 16 52
ORARI DI APERTURA
Dal martedì al venerdì: 10.00-12.30 15.00-17.30
Sabato e Domenica: 15.00-18.30
La biglietteria chiude un’ora prima
BIGLIETTI
Unico: €5
Gratuito per i possessori dell’Abbonamento Torino Musei
EVENTI SPECIALI
Visite guidate con il collezionista: 19 febbraio, 12 e 26 marzo alle ore 15.30
Costo € 3.00, prenotazione obbligatoria
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
338 169 1652
palazzobarolo@arestorino.it

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