Capire la Terra. Lectio Magistralis alla settima edizione della Biennale Internazionale Creare Paesaggi

Marc Quinn 2
Un neonato fluttua apparentemente a mezz’aria in un parco sorto sull’acqua a Singapore. Solo il dorso della mano sfiora con delicatezza ingenua il prato della metropoli contemporanea. Forse si adagerà su di esso, in un atto di confidenza improvvisa, dopo aver chiesto il permesso. Il neonato a poco a poco si farà Terra. Nel frattempo osserva i grattacieli di fronte a sé, il mondo dei padri, costruito ed assoluto, orizzonte domestico della sua memoria antica e futura.
La possente immagine del Planet di Marc Quinn collocato davanti al Moon Gate sui Gardens by the Bay, evocata a conclusione dei lavori dall’architetto spagnolo Juan Manuel Palerm Salazar, riassume in modo eloquente il senso dell’incisivo aggiornamento critico del concetto di paesaggio elaborato durante la sessione torinese della Biennale. Attraverso una kermesse di respiro metropolitano si sono alternati tavole rotonde, convegni e tour in sito, che hanno tracciato alcune linee di indirizzo indispensabili per gli attori a vario titolo coinvolti nella trasformazione del territorio, siano essi architetti ed operatori pubblici o privati. Al termine un imperativo valido per ognuno: non approfittare della Terra, ma essere la Terra, nello sforzo autentico di capirla.
Marc Quinn _2008_2013 Planet

La Fondazione dell’Ordine degli Architetti di Torino in collaborazione con la Regione Piemonte e l’Ente di Gestione delle Aree Protette del Po e della Collina Torinese, ha orientato la riflessione dedicandola quest’anno alla specificità dello spazio urbano, offrendo occasioni di approfondimento e facendo interagire esperienze diverse locali ed internazionali di scala vasta e micro. Le descrizioni dell’inserimento della borgata di Cercy-Pontoise della Grand Paris e delle trasformazioni intervenute nell’ultimo decennio sulla greatest grid della città di New York, raccontate rispettivamente da Bertrand Warnier, fondatore de Les Ateliers Internationaux de Maîtrise d’oeuvre urbaine di Parigi, e da Enrico Fontanari, docente di progettazione urbanistica e del paesaggio IUAV, sono state l’equo contrappeso ai contributi relativi agli esempi di intervento di scala minore, rappresentati dalle realizzazioni rispettose della diversità urbana dell’Atelier Coloco di Montpellier-Paris, dagli onirici allestimenti a spiccata valenza estetica descritti da Xavier Perrot dello Studio Cao|Perrot di Los Angeles-Brittany, e dalle poetiche suggestioni di Juan Manuel Palerm Salazar, docente dell’Università di Las Palmas de Gran Canaria. Ne sono derivati una serie di diktat utili per la lettura consapevole della città al fine di indirizzarne le eventuali azioni progettuali di rezoning, rigenerazione e trasformazione.
Beato Angelico_1437 1946_San Matteo Firenze_Annunciazione

Un pregiudizio storico identifica il paesaggio con il verde oltre la città, immaginando un limes ideale, di protezione all’hortus conclusus, tra natura e uomo, quel confine magistralmente rappresentato, nel capolavoro d’iconografia rinascimentale dell’affresco del Beato Angelico custodito nel convento di San Matteo a Firenze, dalla palizzata che esclude il boschetto lontano coi cipressi in un angolo. Ma la pratica prevalente considera ormai qualsiasi stratificazione esistente, edificata e non, come elemento essenziale del patrimonio paesaggistico. Occorre rinnovarne perciò i parametri percettivi e adottare punti di vista inusuali, resettare i codici e i linguaggi ed accettare suggerimenti anche atipici in un’ottica carattere olistico ed interdisciplinare.
Christo_ 1985_Pont Neuf_Parigi_Earth Art

La massima attenzione è stata riservata in primis alla topografia che, abbandonato l’appiattimento dell’analisi su mappa, diventa tridimensionale e speciale, costringendo il paesaggista ad osservare il luogo, a cullarne e magnificarne la morfologia come tratto originale e distintivo, fosse esso l’acqua, la luce o il vento. Il fine è riconoscere tutti quegli elementi che lo identificano in modo inequivocabile, approfittando in ugual misura degli spazi geografici e di quelli costruiti. Il paesaggio si fa spazio dilatato, cattura lo sguardo e lo incatena lungo le rassicuranti visuali sceniche e percettive della memoria condivisa. Gli interventi fisici, per contro, devono soprattutto porre attenzione, attraverso la giusta dose di sensibilità, a quelle qualità e a quegli scampoli d’unicità del milieu urbano e periurbano utili a rendere meno impattante il trauma causato dall’inevitabile percezione di perdita d’identità che ne deriva.
Le figure esperte, i poteri, i quadri di riferimento istituzionale devono quindi, attraverso call ed inviti all’opera sul territorio, coinvolgere quanti più possibile a concorrere nello sforzo di scovare gli indizi, le pratiche e le realtà che esprimano quel crogiuolo di conoscenza, coesione sociale, immaginazione e saggezza che è e rimane la vita di un luogo. Vale a dire, crearne il valore paesaggistico attraverso la cura e la condivisione, praticando e scegliendo la propria vita attraverso un’indefinita costellazione di azioni pazienti, in un desiderio diffuso di ritorno cosciente alla terra quale leitmotiv dell’orientamento della società contemporanea.
Resta infine irrisolta la questione dell’eccesso degli strumenti normativi volti a proteggere il paesaggio esistente che, unito alla reale incapacità di affrontare il tema controverso della qualità del progetto, per lo più per la banale pigrizia intellettuale degli attori in gioco, incatenano gli interventi all’involgarimento progressivo della pratica. Congelare segni, linee e colori non è il modo migliore di esprimere il valore paesaggistico. Il rischio è la mummificazione del contesto che, vittima di un conservatorismo anacronistico, degenera assai spesso in luoghi falsificati, panorami da parco tematico e scorci di città stuccati e laccati da set fotografico ormai d’altri tempi.
La creazione del paesaggio resta perciò un impegno dinamico caricato del sentimento delle generazioni che si susseguono, da interpretare con fantasia d’artista, più che con la logica del professionista, giustapponendo intuizioni ed emozioni ad evidenziare i contrasti e a suscitare reazioni attraverso le categorie fisiche note. Vuoto e pieno, forte e debole, attraverso il gioco impercettibile di visuali rassicuranti e spirali disorientanti, luci ed ombre, ritmi che si alternano a ritmi e vi si sovrappongono, accelerando e rallentando, operando una scelta ludica, ironica ed onirica. Perché l’atto della creazione del paesaggio sia, a dirla con Pablo Georgieff, “tuffarsi nell’azione su un futuro che si muove su una veduta fissa, progettare e modificare un piano di sezione nel tunnel senza tempo del tempo”.
Barbara Biasiol

Utili links:
Biennale Creare Paesaggi
http://www.biennalecrearepaesaggi.it/
Fondazione Ordine Architetti Torino
http://www.to.archiworld.it/OTO/Engine/RAServePG.php/P/26591OTO2112
Ente di gestione delle Aree Protette del Po e della Collina Torinese
http://www.parcopotorinese.it/
Regione Piemonte, Assessorato Urbanistica e Programmazione territoriale,Beni Ambientali
http://www.regione.piemonte.it/territorio/
Settore Arti Contemporanee della Città di Torino
http://www.contemporarytorinopiemonte.it
IUAV
www.iuav.it/
Università di Las Palmas de Gran Canaria
https://www.ulpgc.es/
Juan Manuel Palerm Salazar
http://paltab.com/WebPaltab-V1/Proyectos.aspx?lang=ES
Les Ateliers Internationaux de Maîtrise d’oeuvre urbaine di Parigi
http://www.ateliers.org/
Studio Cao|Perrot di Los Angeles-Brittany
http://www.caoperrotstudio.com/

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