Due farabutti fatti e finiti.
Con loro, il Re di Sardegna e Duca di Savoia, Vittorio Amedeo III, noto per aver dato l’illuminazione a Torino ma spento l’esercito, perduto sia Nizza che la Savoia e lasciato le casse dell’erario in condizioni spaventose. I due mascalzoni erano il sindaco dei sensali torinesi, Giovanni Vittorio Brodel, di cui un socio scrisse nel 1767 “honest’uomo sì, ma il più birbante di tutti “.
Porcellane di Vinovo
Non da meno il suo compare, un furfante di stampo mozartiano, Pierre-Antoine Hannong, discendente di una celebre famiglia di ceramisti strasburghesi. Un passato tumultuoso da far dimenticare l’Hannong era fuggito da Strasburgo a Parigi, dove aveva tentato di vendere un segreto commerciale molto prezioso alla manifattura di Sèvres. L’arcanum. La formula segreta per ottenere la porcellana dura. Fondò e abbandonò con un ritmo forsennato le fabbriche di Vincennes, di Vaux-sur-Seine e infine quella di Faubourg St. Denis. A Vinovo arrivò chiamato dal Brodel nell’estate del 1776.
E’ così, con questo tipo d’uomini, che comincia la storia delle porcellane di Vinovo. Rinomate, preziose, rare, costose e terribilmente belle.
Porcellane di Vinovo
Nelle porcellane c’è sempre qualcosa di aurorale, il nitore bianco di una perpetua giovinezza, la felicità delle cose sorprese e accarezzate dal primo raggio di luce.
L’insieme di un mondo operoso e magico, asserragliato nelle stanze immense, decorate da stucchi e affreschi alle porte di Torino nel Castello della Rovere, dato da Carlo Emanuele III all’Ordine cavalleresco dei S.S. Maurizio e Lazzaro in gestione, potrà approdare alla produzione intorno al 1777-78 di porcellane di altissima qualità.
Molto giocò  l’insipienza di Brodel e la malaccorta gestione di Hannong, dopo appena quattro anni la loro impresa fallì, malgrado si fosse mostrata in grado di produrre in buona quantità pezzi di porcellana di buon valore artistico. Nel gennaio 1780 la fabbrica di Vinovo fu posta sotto sequestro.
A questo punto fu il “Cittadino Medico Collegiato V. Amedeo Gioanetti” a prendere in mano la manifattura. Le sue doti di scienziato e di chimico e l’uso di nuove materie prime, di nuove paste e di altri miglioramenti tecnici portò la porcellana vinovese a reggere senza difficoltà il confronto con la più acclamata produzione europea.
Porcellane di Vinovo
Ora tutta quella storia fatta di arcanisti, artisti, leggende alchemiche e prodotti di indubitabile bellezza ritorna, come se il tempo girasse la testa e fissasse lo sguardo ai secoli passati, in una sontuosa esposizione esattamente dove le opere di porcellana nacquero.
A decidere di riportare in luce quel periodo è l’iniziativa encomiabile del Comune di Vinovo, dove la Reale Manifattura ritrova la propria casa nel Castello Della Rovere.                                                                                                                                       Oltre 200 opere di porcellana provenienti dalle raccolte di Palazzo Madama-Museo Civico d’Arte Antica, dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, dall’Archivio di Stato di Torino, dall’Archivio Storico Città di Torino e dalla Curia Vescovile di Torino – Parrocchia di Vinovo e, tra queste, molti inediti provenienti di collezioni private mai esposte prima.
Porcellane di Vinovo
Un percorso costruito con sapienza dal curatore Massimiliano Brunetto e reso vivo dalla scenografa Isabella Bruschi. Imprigionate in teche trasparenti e luminose le moltissime opere vincono in eleganza e splendore l’oscurità circostante del piano nobile.
La loro funzione è ristabilita nel ricordo dell’uso, una enorme tavola imbandita come se stessero per arrivare i commensali, un salottino privato in cui veniva servito il te in raffinatissime tazzine dipinte, il laboratorio intriso di esoterismo pieno di alambicchi e pozioni, del Gioannetti.  Nessuna triste audioguida a dettare scontatezze ma i fantasmi dei protagonisti dell’epoca in video a raccontare il loro secolo.
La tortuosa e incredibile strada bianca che la porcellana fece dalla lontanissima Cina per arrivare alle corti europee si raccoglie per una sosta in questa dimora reale per concederci il tempo di accogliere il suo segreto, il suo silenzio evocativo.
Raramente ci si chiede come si è arrivati a scegliere il nome delle cose. Quello della porcellana è interessante, curioso e persino scabroso. Venne coniato a Venezia, indicava una conchiglia dei mari orientali liscia al tatto, la ciprea, così chiamata perché ricordava nella forma la vulva della femmina del maiale. Da qui e per sempre il nome. Porcellana.

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