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Ieri, a tarda sera e in seconda battuta, la prima, vassallamente a Roma, è stata presentata la conferenza stampa del 32esimo Torino Film Festival, dal 21 al 29 novembre. Direttore designato Emanuela Martini.
Per tutto il tempo della conferenza vi era la forte sensazione che qualcosa fosse nell’aria, un non detto, un dettaglio cruciale, insomma vi era della suspense, come in ogni film che si rispetti.
Peccato che essendo a Torino nessuno si aspettava nulla di buono.
A questo va aggiunta la percepibile voglia degli assessori alla cultura di Regione e Comune di scappare via il prima possibile dalla conferenza, soprattutto prima di ogni domanda. Anche se una domanda alla fine è arrivata e Braccialarghe ha dovuto ritornare alla sedia e dare risposta. La domanda verteva sulla sorte economica dei vari Festival del Cinema che sono una tradizione e una caratteristica di pregio della città. L’assessore non ha lesinato nelle rassicurazioni e nella risposta, ma quello che intendiamo come comunicazione delle emozioni, quindi non tanto il contenuto, ma il timbro, la voce ed il suo colore, ecco quella parte non ha rassicurato granché. Ma è sempre possibile sbagliare a giudicare.

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Intanto la bella voce della Martini ha fatto un tour d’horizon su film, premi, collaborazioni, giuria e tutto il cuore del Festival. Queste alcune delle sue parole, belle e appassionate.
Negli ultimi undici mesi mi hanno rivolto spesso una domanda: “Che cosa rimarrà nel festival dei tre precedenti direttori, con i quali ha collaborato?”. Il rigore di Nanni Moretti. La passione di Gianni Amelio. Lo spirito pop di Paolo Virzì. E naturalmente l’intelligenza con la quale tutti e tre si sono avvicinati al Torino Film Festival, riconoscendone e apprezzandone l’identità e impegnandosi a preservarla, nel momento stesso in cui lo modellavano sui loro gusti e le loro idee di cinema.
E ora Emanuela Martini cosa aggiunge? Soprattutto la curiosità. E la voglia di scoprire delle cose (stili o abbozzi di stile, invenzioni, ritorni al passato, commistioni con altre forme espressive, sperimentazioni eccentriche) e la presunzione di aver conservato un occhio abbastanza attento per scoprirle, nonostante svariati decenni di esercizio critico e di conseguenti interminabili visioni. Graham Greene, che ha fatto a lungo il critico cinematografico, raccolse recensioni e articoli in un librone cui diede un titolo bellissimo: “Mornings in the Dark”, mattinate al buio, rievocando le salette sotterranee intorno a Wardour Street nelle quali si seppelliva per le anteprime mattutine. E un grande critico italiano, Morando Morandini, ha più volte sottolineato che la peggior disgrazia che può capitare a un critico è cominciare a stancarsi di vedere film.
Annoiarsi, guardare troppo spesso l’orologio, non reggere più il ritmo di tre, quattro, cinque e più film al giorno che talvolta ti impongono il fitto calendario delle uscite cinematografiche e soprattutto i festival. Conservare la curiosità è vitale, per fare il critico e per fare un festival. E, con la curiosità, l’istinto, il cuore e il cervello che, durante l’immersione onirica in un film, continuano a lavorare in sordina, sotterraneamente, e a farti sobbalzare davanti a certe immagini e a certe emozioni. L’ho già sottolineato, in occasione di altre presentazioni del Torino Film Festival: tutti i film che proponiamo hanno un loro perché, ognuno di loro è stato apprezzato e fortemente voluto delle persone (alcune, o molte, o tutte) che scelgono i film per il TFF un auspicio che anche il pubblico ami questi film, come li abbiamo amati noi”.

Emanuela Martini

Tutte le info e il programma: www.torinofilmfest.org

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