Riflessioni sul Salone appena concluso. 

salone internazionale del libro TorinoDal sito del Salone del Libro, nel giorno di chiusura, si leggono cifre incoraggianti. Un incremento di ingressi pari al 3% rispetto all’anno precedente, la ripresa delle vendite dichiarata dai maggiori gruppi editoriali e quantificabile con una crescita che oscilla dal 10 al 20%. Lo stesso dicasi per l’editoria religiosa.
L’Officina, dedicata agli indipendenti, pare aver soddisfatto ogni aspettativa e tutti gli eventi del Salone Off – ben 500 in questa edizione – aver coinvolto un numero inaspettato di persone. Perfino il sito Facebook del Salone  sembra abbia ottenuto un aumento di circa settemila “like”.
Sulla carta stampata si celebra un’edizione eccezionale che, come ogni anno, non è scevra da critiche.
Prima di tutto sulle cifre. L’impressione generale delle persone con cui ho parlato, che fossero editori, librai, scrittori o semplici lettori, è che l’affluenza fosse di gran lunga minore rispetto all’anno precedente. In molti hanno lamentato l’assenza di alcuni piccoli editori che, probabilmente causa crisi, in questa edizione hanno rinunciato a partecipare. E in molti hanno affermato di non aver visto effettuare grandi acquisti come in anni precedenti. Eppure …
In rete c’è chi accusa l’informazione di falsare la realtà in un gioco che pare opposto a quello che si sente spesso per le manifestazioni di altro tipo, in cui per l’organizzazione c’è sempre il doppio di affluenza rispetto a quella dichiarata dalla Questura. Sono dati che non possiamo confutare in alcun modo,ma l’impressione generale risulta differente da quanto riferito.
Allo stesso tempo si legge di un Salone dispersivo, si critica la necessità di pagare un biglietto quando i 10 euro potrebbero essere spesi in libri, ci si interroga su quanto il Salone serva a fare soldi piuttosto che cultura.  Annoia probabilmente chi ama i libri e solo quelli lo spazio dedicato alla cucina e al cibo, spazio che però pare sempre fin troppo affollato per chiudere.
Si parla molto della crisi del libro. Le cause e il futuro. Critiche aperte verso chi, come il Ministro Franceschini accusa anche la televisione di questa disaffezione nei confronti della lettura. Televisione che ha contribuito a pubblicare e vendere libri che probabilmente nessuno avrebbe pubblicato o comprato se non ci fosse stato dietro un passaggio televisivo.
Quando si parla di crisi del libro e della lettura ci si rimanda la palla in continuazione. Chi  incolpa gli editori, chi le istituzioni, chi il pubblico, chi la televisione. In mezzo ci sono lettori, librai e artigiani, autori e piccoli editori che cercano di capire come muoversi. Sono tante le domande che ho sentito al Salone. Poche finora le risposte. Ma ce ne devono essere, da qualche parte.
Buone le risposte anche sul piano dell’editoria digitale, dicono dal Salone, sebbene qui in Italia gli acquisti non siano all’altezza delle aspettative grazie anche a una certa diffidenza nei confronti del nuovo. Eppure una riflessione sullo spreco costante di materiale cartaceo sembra utile. Il ricambio dei titoli sullo scaffale è sempre più rapido, i resi che vanno al macero sono destinati ad aumentare.
Quindi il futuro: quale il futuro del libro?
Prodotto da ricambio veloce sugli scaffali o produzione culturale, o entrambe le cose? Cartaceo, digitale o tutte e due?
E il Salone, dopo questi anni di crisi e di progressivo spostamento verso il puro mercato di un evento che era partito come prettamente culturale? Quale il suo futuro? È possibile rinnovare una formula che da quasi trent’anni ha accompagnato la nostra città?
Quindi che dire del bilancio di questa 27esima edizione del Salone? Prendiamo l’ottimismo degli organizzatori e unendolo alle critiche o alle riflessioni delle persone incontrate in questi giorni applichiamolo al tema dell’anno. Bene in vista. Sono sicura che per un futuro in positivo siano utili entrambe le cose.
 
the end_salone del libro

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