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Mentre al Senato va in fumo l’ipotesi di una legge, la cosiddetta Cirinnà, che accoglie qualcosa con cui una buona parte della società ha già fatto i conti e probabilmente votato favorevolmente nei propri pensieri, pare doveroso ricordare qualcuno che andava egualmente ma più ferocemente in fumo 415 anni fa nella stessa città. Quella Roma caput mundi, che anche allora, insidie della storia, era in pieno Giubileo.
Trattasi del mai correttamente riabilitato Giordano Bruno.Non soltanto una delle menti filosofiche più lucide e ispirate del suo tempo ma un uomo che portò alle più estreme conseguenze le sue idee.
Un grande scrittore, Anacleto Verrecchia, che a Torino visse a lungo e che qui si spense anch’egli a febbraio, ma del 2012, in un suo meraviglioso libro dedicato alla vita e al pensiero di Bruno lo definì una «falena dello spirito», una falena che bruciò alla luce dei propri ideali, pubblicato per i tipi di Donzelli. 
Il profilo umano ed intellettuale di Verrecchia merita davvero di essere ricordato, soprattutto in questa circostanza e con le sue parole, rilasciate  in una intervista al Corriere della Sera.
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Alla domanda se il Papa potesse accettare la cosmogonia di Bruno, lo scrittore, con la verve e la precisione storica che lo ha sempre contraddistinto, rispose:
Certamente non lo puo’ fare, perché altrimenti gli cadrebbe tutto addosso. La teoria di Bruno, secondo la quale l’ universo e’ eterno, esclude l’ idea di un Dio creatore, si avvicina semmai al buddismo. Bruno esce completamente dal cristianesimo e dal teismo. E proprio questo gli fruttò il rogo. E’ da poco che la Chiesa è diventata così sentimentale. Il peggiore fanatismo infatti e’ quello delle religioni monoteiste. E lo si capisce facilmente: un Dio unico è geloso. Ancora nel secolo scorso in Italia, quando nel 1889 fu inaugurato il monumento a Bruno, il Vaticano non reagì con stile ed eleganza. Papa Leone XIII, che conferiva con lo Spirito santo e civettava con le Muse vantandosi di conoscere i classici e le opere di Galilei, invio’ una lettera d’ammonimento da leggere a tutti fedeli in cui Bruno veniva diffamato in maniera vergognosa. In seguito, il Vaticano arrivo’ addirittura a pretendere la distruzione di quel monumento. Ma il capo del governo italiano dell’epoca, Mussolini, rispose picche. Il Papa allora reagì in modo ancora piu’ meschino, proclamando santo il cardinale Bellarmino, uno dei piu’ truci ed ottusi giudici di Bruno“.
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Nel libro di Anacleto Verdecchia la vita tempestosa e tragicamente bella del filosofo, viene rievocata con toni vividi e appassionati. Con grande vivacità e immediatezza il libro, che ha già conosciuto una prima edizione in lingua tedesca, ripercorre passo per passo la burrascosa peregrinazione del filosofo attraverso l’Europa, visitando tutti i luoghi in cui visse e cercando di immedesimarsi nei suoi stati d’animo. Verrecchia sferza con estremo vigore il fanatismo religioso che per secoli insanguinò l’Europa e fece più vittime delle pestilenze. Altamente drammatico il capitolo sull’uccisione del filosofo, bruciato vivo in Campo dei Fiori a Roma all’alba del 17 febbraio 1600. Ai cardinali inquisitori che lo condannavano a una morte così atroce, Bruno lanciò la sfida: «Forse tremate più voi nell’infliggermi questa sentenza che io nell’accoglierla».